Brunei

Il Sultanato del Brunei (ufficialmente indicato come Nagara Brunei Darussalam, cioè 'Stato del Brunei, Dimora della Pace') o semplicemente Brunei, è uno Stato ricco di petrolio situato sull'isola del Borneo, nel sud-est asiatico. Ad eccezione della costa affacciata sul Mar Cinese Meridionale, confina con la Malesia.
Il Brunei è uno dei paesi membri dell'ASEAN.
Agli inizi del XVI secolo il Brunei era un sultanato che nominalmente esercitava la propria autorità su tutto il Borneo e su alcune parti delle isole Sulu nelle Filippine. Fu raggiunto dagli europei per la prima volta nel 1521, grazie al navigatore spagnolo Juan Sebastián Del Cano. Dopo questo primo contatto i commerci con l'Europa, così come gli atti di pirateria contro gli europei, si intensificarono rapidamente. Gli spagnoli occuparono la capitale nel 1580, ma furono subito costretti ad abbandonarla e nel 1645 la spedizione spagnola, che doveva porre fine alla pirateria in Malesia, fallì. Intorno al 1849 gli inglesi, nel tentativo di proteggere il commercio fra Singapore e il Borneo nordoccidentale, diedero avvio a una serie di operazioni dirette contro le flotte dei pirati e le distrussero nell'arco di cinque anni. Pochi anni prima, il sultano del Brunei, Omar Ali Saifuddin II, aveva ceduto Sarawak all'ufficiale dell'esercito inglese James Brooke come ricompensa per l'aiuto fornito nel sedare una guerra civile. Brooke assunse il titolo di raja e progressivamente estese il proprio territorio a spese del sultano.
Nel 1846 l'isola di Labuan fu ceduta alla Gran Bretagna e nel 1888 il Brunei divenne un protettorato britannico; nel 1906 l'amministrazione del sultanato passò nelle mani di un residente inglese, anche se l'autorità nominale spettava comunque al sultano. Nel 1959 il sultano Omar Ali Saifuddin III promulgò la prima Costituzione scritta. Invitato a unirsi alla Federazione della Malaysia nel 1963, il Brunei fu l'unico stato malese che scelse di rimanere sotto il controllo britannico. Nel gennaio del 1979 il governo inglese stipulò un nuovo trattato con il sultano Muda Hassanal Bolkiah e il Brunei divenne uno stato sovrano indipendente il 1º gennaio 1984.
Dal 1986 capo dello stato è il sultano Haji Hassan al-Bolkiah Muizzadin Waddaulah. Dopo la recessione economica del 1998 il piccolo sultanato si è in parte ripreso, evidenziando un tasso di crescita di circa il 3%, ma pesano tuttora una forte disoccupazione giovanile e la mancata diversificazione dell'economia, totalmente dipendente dal mercato degli idrocarburi, nonostante alcuni tentativi di investimenti nel settore delle alte tecnologie e del turismo.
Il territorio del Brunei è caratterizzato da una stretta pianura costiera e da una regione interna collinare, divisa in due parti da una striscia di territorio appartenente al Sarawak. A ovest e a nord-est si trovano estese zone paludose, mentre i corsi d'acqua, dei quali il più lungo è il Belait, scorrono verso nord per sfociare nel Mar Cinese Meridionale.
Il Brunei ha un clima tropicale umido, con una temperatura media annua di circa 26,7 °C. Le precipitazioni sono abbondanti e concentrate nella stagione dei monsoni, da novembre a marzo. L'interno del paese è ricoperto da fitte foreste pluviali, che occupano circa la metà del territorio nazionale. La fauna locale comprende scimmie e numerose specie di volatili e rettili.
Il paese conta 365.251 abitanti (2004), con una densità media di 69 abitanti per km² e un tasso di urbanizzazione del 73%.
L'Islam è religione di stato, seguito dalla maggioranza della popolazione; il 14% circa della popolazione è buddhista ed è presente anche una minoranza di cristiani.
Il sultanato è governato in base a una Costituzione promulgata nel 1959. Il potere esecutivo è esercitato da un Consiglio dei ministri, presieduto dal sultano del Brunei e dal Primo ministro (Mentri Besar), responsabile di fronte al sultano. Il sultano regna per decreto dal 1962 dopo che il governo, con l'aiuto dei britannici, ha soppresso un tentativo di rivolta seguito all'annullamento delle elezioni. Nel 2005 il Sultano ha "concesso" che venisse creato un parlamento di 25 membri, tutti però nominati dal Sultano stesso e senza nessun potere decisionale reale.L'economia del Brunei dipende dalla produzione di petrolio e di gas naturale estratto da giacimenti che si trovano in mare, al largo della costa: la produzione di greggio è di 79,3 milioni di barili all'anno (2001). Meno rilevante dal punto di vista economico risulta la produzione della gomma, del pepe e del pellame. Il settore industriale comprende inoltre la lavorazione di tessuti e metalli. L'attività agricola è limitata alla produzione di riso che non soddisfa il fabbisogno alimentare nazionale. L'unità monetaria nazionale è il dollaro del Brunei. Il prodotto interno lordo era, nel 1998, di 4.846 milioni di dollari USA, pari a 15.060 dollari USA pro capite; il sultano del Brunei è tra gli uomini più ricchi del mondo.
Bandar Seri Begawan (in lingua malese "porto dell'onorato dominatore"), nota fino al 3 ottobre 1970 con il nome di Brunei Town, è la capitale dello stato del Brunei.
Ha una popolazione di 27.285 abitanti (2001) ed è una città molto recente, è stata infatti completamente ricostruita dopo che i bombardamenti alleati verso la fine della seconda guerra mondiale l'avevano rasa al suolo.
La città si sviluppa in parte sulle rive della Baia di Brunei (Sungai Brunei) su una direttrice nord-ovest, a est si trova infatti una zona di colline molto impervie.
La storia della città risale al VII secolo, quando nell'area sorgeva un villaggio fluviale di palafitte (Kampong Ayer) non distante dall'attuale Kampong Kota Batu e dall'edificio del museo nazionale. Da allora la città ha avuto fasi di sviluppo alterno e il centro urbano principale ha subito spostamenti in luoghi diversi nella baia a seconda della posizione ritenuta migliore per lo sviluppo dei traffici commerciali e della pesca. La prima sede fu a Kota Batu, poi a Kampong Ayer e la sede finale della città è quella dell'attuale Bandar Seri Begawan.
Tra i monumenti della città vi sono l'Istana Nurul Iman, l'enorme palazzo del Sultano del Brunei aperto al pubblico solo in occasione della fine del Ramadan e la moschea di Omar Ali Saifuddin caratterizzata da un enorme cupola dorata e costruita nel 1958 su una laguna artificiale nei pressi del fiume Brunei. Gli interni sono decorati con marmo di Carrara e preziosi tappeti.
Caratteristica è anche la zona di Kampong Ayer dove in un insieme di villaggi su palafitte vivono diverse migliaia di persone.

Brasile

Il Brasile (nome ufficiale in portoghese República Federativa do Brasil, Repubblica Federativa del Brasile) è una repubblica federale democratica dell'America meridionale. Confina a nord con la Colombia, il Venezuela, la Guyana, il Suriname e la Guyana Francese, a sud con l'Uruguay e ad ovest con l'Argentina, il Paraguay, la Bolivia e il Perù. Ad est si affaccia sull'Oceano Atlantico.
Il Paese ha come caratteristica principale la sua immensità: un'immensità fisica, climatica, ambientale e sociale. Esso può essere considerato un Paese in via di sviluppo, un Paese industrializzato, postindustriale o del Terzo mondo a seconda dell'aspetto che ne viene valutato. Può apparire ancora molto arretrato per via delle abissali differenze tra gruppi sociali o a causa delle estensioni forestali rase al suolo per favorire l'agricoltura e le piantagioni. È in via di sviluppo in quanto sta superando la transizione demografica, potenzia le vie di comunicazione, esporta prodotti tropicali e minerali, e stringe relazioni commerciali con nuove nazioni. È infine moderno e post-industrializzato per i suoi grattacieli, per lo sviluppo delle telecomunicazioni e della tecnologia.
Oggi si sta assistendo ad una lenta ma progressiva crescita dei redditi, ad un aumento qualitativo delle relazioni tra le varie regioni, ad un incremento della struttura comunicativa, tutti fattori che consentono al Paese di crescere unitariamente, evitando la sperequazione tra i vari Stati. Inoltre la popolazione aumenta ragionevolmente insieme alla crescita economica, favorita dal Mercosur (Mercato Comune del Cono Sud) e dalla Comunità delle Nazioni del Sud America. Tutte queste premesse unite alla forte e sicura identità nazionale, alla cultura ricca e unitaria, pongono il Brasile in una posizione di primaria importanza per quanto riguarda gli sviluppi futuri dell'economia e della politica sulla scena mondiale.
La scoperta ufficiale del Brasile avvenne il 22 aprile del 1500, per opera dell'esploratore portoghese Pedro Álvares Cabral, che arrivò nella zona dove oggi si trova Porto Seguro, nello stato di Bahia.
La colonizzazione vera e propria ebbe però inizio nel 1532, quando venne fondata la città di São Vicente da Martim Alfonso de Sousa. Nel 1533, il re del Portogallo Giovanni III divise il Brasile in 12 territori (i capitanias) e li concesse a nobili affidatari (i donatários), che di fatto però diventarono signori feudali. Nel 1548, per paura di una secessione, Giovanni III inviò in Brasile come governatore generale Tomé de Sousa, che il 29 marzo del 1549 fondò la capitale São Salvador da Bahia de Todos os Santos. Con l'inizio della colonizzazione ci furono alcuni tentativi di insediamento anche da parte di Francesi e Olandesi. I Francesi, in particolare, tra il 1555 e il 1567, tentarono di stabilirsi nella zona dell'attuale Rio de Janeiro per poi spostarsi dal 1612 al 1614 nell'attuale São Luis. Furono successivamente scacciati grazie al tradimento dell'architetto Jean-Nicolas-Louis Durand, che aveva costruito un fortino nella stessa Rio.
Nel XVII secolo vennero introdotte le coltivazioni del tabacco e specialmente della canna da zucchero, inizialmente a Bahia e successivamente anche a Rio de Janeiro. Questo importante sviluppo dell'agricoltura fu accompagnato dall'arrivo di numerosi schiavi africani, che andavanono a sostituire per il lavoro nella piantagioni le popolazione autoctone, ormai del tutto insufficienti a garantire la sussistenza di un'economia agricola produttiva. Verso la fine del XVII secolo vennero scoperti grandi giacimenti di oro nella regione del Minas Gerais. Nel 1604 gli olandesi guidati da Maurizio di Nassau, attirati dalle ricchezze del territorio, saccheggiarono Bahia e, tra il 1630 e il 1654, si stabilirono nelle colonie costiere del nordeste, continuando a controllare l'interno. Lì si trovarono però in uno stato di continuo assedio, tanto che nel 1661 furono costretti a ritirarsi.
Fin dall'inizio della colonizzazione portoghese, il Brasile fu teatro di rivolte e di movimenti di resistenza degli indigeni, che si unirono poi agli schiavi africani. Alla fine del XVII secolo l'arrivo di un sempre maggior numero di coloni dal Portogallo favorì la formazione dei primi movimenti contro la Corona Portoghese stessa. Alcune di queste guerre furono causate dalla crescita economica, come la Rivolta di Backman nel 1684. Poco più tardi furono fondati due movimenti che si proponevano di programmare l'indipendenza: la Inconfidência Mineira e la Conjuraçâo Baiana. Il primo nacque dalla minoranza creola nella zona del Minas Gerais: nella seconda metà del XVIII secolo, con la perdità di produttività da parte delle miniere, era divenuto difficile pagare tutte le imposte che la Corona Portoghese esigeva. Inoltre il governo portoghese aveva imposto la derrama, una tassa che prevedeva che tutta la popolazione, inclusi coloro che non erano minatori, versasse una cifra pari al 20% del valore dell'oro estratto. I coloni insorsero e iniziarono a cospirare contro il Portogallo. La cospirazione si proponeva di eliminare la dominazione portoghese e creare uno stato libero. La forma di governo doveva essere quella della Repubblica, ispirata alle idee illuministe, che si andavano diffondendo in Europa e in particolare in Francia, e che avevano recentemente portato, dopo la guerra d'indipendenza americana, alla nascita degli Stati Uniti d'America. I leader del movimento furono però catturati e inviati a Rio de Janeiro, dove furono condannati a morte e giustiziati. La Congiura Baiana, invece, fu un movimento che partì dalla fascia più umile della popolazione di Bahia, e che vide una grande partecipazione da parte di neri e mulatti. I rivoltosi volevano l'abolizione della schiavitù, l'istituzione di un governo egalitario e l'instaurazione di una Repubblica a Bahia.
Tra il 1756 e il 1777 il marchese di Pombal attuò una politica riformatrice, accentrando il potere politico-amministrativo nelle mani del viceré (il Brasile era stato costituito in Viceregno nel 1717) a scapito dei donatários e dei Gesuiti che furono espulsi nel 1759. Nel 1763 la capitale fu trasferita a Rio de Janeiro e nel 1775 venne abolita la schiavitù degli indiosNel 1807 l'invasione da parte delle truppe francesi di Napoleone Bonaparte obbligarono il re del Portogallo Giovanni VI a fuggire in Brasile. Nel 1808 il re giunse a Rio de Janeiro, dopo avere stipulato un'alleanza difensiva con l'Inghilterra (che avrebbe fornito la protezione navale durante il viaggio). Allo stesso tempo i porti brasiliani si aprirono a nuove nazioni amiche, ponendo fine allo status di colonia del paese.
Questo fatto irritò coloro che esigevano il ritorno di Giovanni VI in Portogallo e la restaurazione della condizione di colonia per il Brasile. Nel 1821 il re decise allora di lasciare suo figlio Pietro IV come reggente del Brasile, mentre egli rientrò a Lisbona. Pietro, nonostante le pressioni dei liberali che tentavano di convincerlo a tornare in patria, decise invece di rimanere in Brasile, nel cosiddetto Dia do Fico (che letteralmente significa giorno del "io resto", in portoghese "Eu fico"). Il Portogallo, che si trovava già in condizioni abbastanze difficili, non poté più conservare il dominio sul Brasile; Pietro (che prese il nome di Pietro I del Brasile) poté allora facilmente dichiararne l'indipendenza il 7 settembre del 1822.
Dopo la separazione dal Portogallo il Brasile si trasformò in una monarchia costituzionale. Pietro I, alla morte del padre, tornò in Portogallo per assicurare la successione al trono a sua figlia Maria II del Portogallo.
Pietro II del BrasileIl figlio di Pietro I, Pietro II, a soli quattordici anni fu incoronato come nuovo imperatore del Brasile nel 1831, dopo l'abdicazione del padre.
Tra il 1825 e il 1828 si combatté una guerra con l'Argentina per il possesso della Banda Oriental, che si concluse il raggiungimento dell'indipendenza da parte dell'Uruguay (che si era pochi anni prima separato dal Brasile per unirsi all'Argentina). Tra il 1836 e il 1842 si verificò un tentativo secessionista della Repubblica del Rio Grande do Sul, al quale partecipò anche Giuseppe Garibaldi. Dal 1850 al 1852 il Brasile, fattosi sostenitore dei movimenti liberali moderati, si alleò con l'Uruguay e sostenne una nuova guerra contro l'Argentina contribuendo alla caduta del dittatore argentino Juan Manuel de Rosas.
Il 1860 fu un anno di fondamentale importanza per lo sviluppo economico, in quanto si introdusse la coltura del caffè nelle province di Rio de Janeiro e di São Paulo. Nel Sudeste i baroni del caffè superarono così gli antichi coltivatori del cotone e di canna da zucchero, mentre cominciava a farsi sentire anche un notevole afflusso di genti europee che immigravano nel paese, soprattutto italiani.
Tra il 1865 e il 1870 l'Argentina, l'Uruguay e il Brasile combatterono una guerra contro il Paraguay, che si concluse con la perdita, da parte del Paraguay stesso, delle regioni a nord del fiume Apa. A partire dal 1870 si registrò una notevole crescita dei movimenti repubblicani, che nel 1888 ottennero l'abolizione della schiavitù. Nel 1889, infine, scoppiò una rivoluzione incruenta che costrinse Pietro II ad abdicare: venne proclamata la Repubblica, e si adottò la Costituzione federale. Il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica era così ultimato, senza alcun ricorso alla violenza. La famiglia imperiale, infatti, poté in tutta sicurezza tornare in Europa.
Deodoro da Fonseca, che aveva guidato il colpo di stato del 1889, divenne il primo presidente del Brasile. Per il nuovo stato si scelse come nome quello di Repubblica degli Stati Uniti del Brasile, che fu poi camibato in Repubblica Federale del Brasile. Dal 1889 al 1939 la presidenza si alternò tra i due stati principali, quello di São Paulo e quello del Minas Gerais. In questo periodo il sistema economico del Brasile poggiava soprattutto sull'esportazione del caffè, coltivato nella zona di São Paulo, e sulla produzione di latte, nel Minas Gerais, tanto che la politica di questi anni fu definita come la politica del caffellatte. Verso la fine del XIX secolo il caffè divenne il primo prodotto di esportazione del paese superando lo zucchero, e favorendo così una grande crescita economica. Tuttavia tra il 1926 e il 1930 si registrò un crollo dei prezzi del caffè e una conseguente depressione economica alla quale fecero seguito violente agitazioni sociali.
Nel 1930, Getúlio Vargas, candidato del partito liberal-progressista Alleanza Nazionale Liberale, venne eletto presidente della Repubblica. Nel 1931, avendo riunito molti poteri nelle sue mani suscitò l'indignazione degli oppositori, in massima parte esponenti della classe media paulista. Nel 1934, allora, messo sotto pressione, fu costretto a promulgare una Costituzione democratica, con la quale concesse il diritto di suffragio alle donne. Nel 1937 Vargas, avendo sciolto il Congresso Nazionale e i partiti, e avendo revocato molte delle libertà dei singoli individui, instaurò una dittatura (quella del cosiddetto Estado Novo) di ispirazione fascista, che durò fino al 1945. Nel 1942, sotto la pressione degli Stati Uniti d'America, Vargas dichiarò guerra alle potenze dell'Asse e un corpo militare brasiliano fu inviato a combattere in Italia e in Nordafrica. Nel 1945 Vargas fu deposto da un colpo di stato militare che impose l'adozione di una nuova Costituzione, democratica e federale. Tra il 1950 e il 1954 Vargas fu rieletto alla presidenza e si verificò una nuova svolta nazionalista e radicale. Tuttavia nel 1954 le forze militari conservatrici gli si rivoltarono contro, e lo statista si suicidò.
In seguito alla fine della dittatura di Vargas e alla promulgazione della nuova Costituzione Federale del 1946, il Paese visse, tra il 1946 e il 1964, una fase storica durante la quale si susseguirono più governi democratici. Nel gennaio del 1956 fu eletto il social democratico Juscelino Kubitschek, ex governatore del Minas Gerais, ed ebbe inizio un periodo di forte industrializzazione e di imponenti lavori pubblici, come la costruzione della nuova capitale, Brasilia, nel 1960. Si registrò tuttavia un netto peggioramento della situazione finanziaria, con forte inflazione e raddoppio del debito estero. Tra il 1961 e il 1964 ci fu la presidenza di João Goulart, del partito cristiano democratico, che cercò di frontaggiare la crisi economica promuovendo una riforma agraria e la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere.
Nel 1989 si svolsero le prime elezioni libere dopo 25 anni di dittatura, e furono vinte Fernando Collor de Mello, leader del nuovo Partito di Ricostruzione Nazionale, tendenzialmente liberal-conservatore. Nel 1991 il Brasile diede vita all'alleanza economica chiamata Mercosur assieme ad Argentina, Uruguay e Paraguay. Nel 1992 il presidente Collor fu destituito con l'accusa di corruzione, evasione fiscale ed esportazione di valuta. Dal 1992 al 1995 ci fu la presidenza di Itamar Augusto Cautiero Franco che organizzò un referendum costituzionale. Questo, svoltosi il 21 aprile 1993, confermò il regime presidenziale proclamato nel 1988. Nel 1994 Fernando Henrique Cardoso conquistò la presidenza e, attraverso delle riforme che prevedevano la privatizzazione delle imprese e il rigore finanziario, riuscì ad arrestare l'inflazione, a rilanciare l'economia nazionale e a stabilizzare le tensioni sociali. Nel 1997 ottenne un emendamento costituzionale che gli permise di ricandidarsi alla presidenza. Nel 1998 si registrarono delle considerevoli fughe di capitali che gettarono il Paese nel caos, ma Cardoso, rieletto, riuscì a convincere il Fondo Monetario Internazionale ad approvare un piano di intervento triennale per il Brasile, al quale furono erogati in prestito 41,5 miliardi di dollari. Infine, confermò la presenza brasiliana nel Mercosur. Tra il 2000 e il 2001 il Brasile festeggiò il suo 500° anniversario della scoperta. L'evento, particolarmente significativo, fu causa di alcune manifestazioni di protesta da parte degli indios, da sempre relegati ai margini del sistema statale. Nelle elezioni presidenziali del 2002-2003 si affermò Luiz Inácio Lula da Silva che è tuttora il presidente in carica. Il suo programma, che garantiva provvedimenti per favorire la giustizia sociale, riscosse ampi consensi, in particolare tra i meno agiati. Tuttavia, la protesta degli strati più poveri della popolazione riesplose di fronte al nuovo piano economico. Venne quindi approvata una riforma delle pensioni e varato il programma Fame zero per affrontare il problema della denutrizione, diffuso in tutto il Paese. Nel 2004 il Brasile fondò con gli altri Paesi dell'America Latina la Comunità delle Nazioni del Sud AmericaNel territorio del Brasile si individuano:
il massiccio della Guyana l'altopiano del Brasile la depressione amazzonica. Da un punto di vista geografico il paese è inoltre diviso in 5 grandi regioni geografiche (região, pl. regiões), queste sono usate talvolta anche per fini statistici e non hanno dunque rilevanza da un punto di vista amministrativo; gli stati sono così distribuiti:
il Nord o Amazzonia (Região Norte): Acre, Amapá, Amazonas, Pará, Rondônia, Roraima, Tocantins il Nord-Est (Região Nordeste): Alagoas, Bahia, Ceará, Maranhão, Paraíba, Pernambuco, Piauí, Rio Grande do Norte, Sergipe il Sud-Est (Região Sudeste): Espírito Santo, Minas Gerais, Rio de Janeiro, São Paulo il Sud (Região Sul): Paraná, Santa Catarina, Rio Grande do Sul il Centro-Ovest (Região Centro-Oeste): Goiás, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul, Distrito Federal do Brasil Il fiume più importante è il Rio delle Amazzoni, che attraversa la foresta amazzonica.
Cascate dell'Iguazú.Ai confini con Argentina e Paraguay si trovano le più grandi cascate del mondo: le cascate dell'Iguazú, che si trovano all'interno di un Parco Nazionale. Sono 275 cascate che scendono da varie altezze per circa 4 Km.
Tra i fiumi più importanti, il Paraná e il São Francisco e immancabilmente il Rio delle Amazzoni lungo 6280 km per 4000 navigabili, mentre il São Francisco è lungo 2900 km per la metà navigabili.
Caratteristiche del clima: due stagioni una umida ed una arida.
Con circa 190 milioni di abitanti, il Brasile è il paese più popoloso dell'America Latina ed il quinto Paese più popoloso del mondo. Grazie all'eccezionale estensione del suo territorio, la densità del Brasile si rivela decisamente bassa: solo 21 ab./km². La popolazione, tuttavia, risulta distribuita in modo fortemente squilibrato. La densità è più alta nel litorale e nell'entroterra del centro-sud, ed è più bassa nel nord-ovest.
Il Brasile ha una società multietnica.
La popolazione brasiliana è, principalmente, discendente degli indios, coloni portoghesi, schiavi africani e di diversi gruppi di immigrati, che sono arrivati nel Brasile soprattutto fra il 1820 e il 1970. Gli immigrati erano principalmente italiani e portoghesi, ma anche tedeschi, spagnoli, giapponesi e siriani-libanesi.[2]
Secondo il IBGE, la maggioranza della popolazione brasiliana si considera di razza o colore bianca (49,7%). Il 42,6% si considera di colore marrone (mulatti, meticci, etc) e il 6,9% di colore nera. 0,5% della popolazione è di origine asiatica e 0,3% sono indios[3]. Anche le etnie si trovano più o meno squillibrate sul territorio. Tuttavia, in tutto il Paese la popolazione ha un certo grado di ascendenza europea, africana ed di índios.[4]
Bianchi: I bianchi si trovano in tutto il Brasile, ma sono più numerosi in proporzione negli stati del sud e del centro sud, come negli stati di Santa Catarina, Paraná, Rio Grande do Sul e San Paolo. I motivi sono perché questi stati hanno ricevuto molti immigrati europei, in particolare nel 19 secolo. Neri: I neri sono presenti in tutto il Brasile, ma sono più numerosi in proporzione negli stati della costa centrale, come in tutto il Nord-est del Brasile, ma anche nello stato di Espirito Santo, Rio de Janeiro, e negli stati di Minas Gerais e San Paolo. Il motivo è perche hanno ricevuto un gran numero di africani a lavorare in canna da zucchero, miniere d'oro e nelle piantagioni di caffè.[5] Mulatti e meticci: Secondo studi genetici, la maggior parte dei brasiliani hanno un certo grado di antenati con razza mista. Un recente studio ha mostrato che l'86% dei brasiliani hanno almeno un antenato africano e che gran parte della popolazione "bianca" ha antenati africani ed índios. [6][7] Asiatici: Gli asiatici sono il 0.5% della popolazione brasiliana[5]. La maggioranza degli asiatici sono di origine giapponese, anche se negli ultimi decenni sono arrivati molti coreani e cinesi nel Brasile[8]. Si stima che siano 1,5 milione i brasiliani di origine giapponese, 190 mila i cinesi[8] e 100 mila i coreani[8]. Gli asiatici di origine giapponese sono più comuni negli stati di San Paolo[9], Paraná[9], Mato Grosso do Sul[9] e Pará[9]. Amerindi: La maggioranza degli amerindi si trovano negli stati del nordLa religione predominante è quella cattolica (73,6%), il che rende il Brasile il Paese con il maggior numero di cattolici del mondo; assai più modeste percentuali praticano confessioni e culti diverse, come il protestantesimo 15,4%, ortodossia, buddhismo, ebraismo, islam, eccIl portoghese è la lingua ufficiale del Brasile ed è parlato da quasi tutti i suoi abitanti[18] 180 lingue dei nativi americani sono parlate da circa 460 mila indios brasiliani.[19][20]
Il tedesco e l'italiano sono parlati da numerosi comunità nel sud Brasile.[21][22] La maggioranza dei brasiliani di pelle bianca è di origine portoghese, tedesca ed italiana, ma parlano soltanto il portoghese, tuttavia c'è un'importante comunità nello stato del Rio Grande do Sul che ancora parla vari dialetti italiani il piu' parlato tra questi è il veneto con influenze dal portoghese.[23] I brasiliani di pelle meticcia o proprio scura sono invece originari delle ex-colonie portoghesi principalmente da Angola e Mozambico.
Per analizzare in dettaglio la politica estera di questo Paese si può ricorrere ad uno schema di cerchi concentrici, ognuno riguardante un ambito delle relazioni internazionali brasiliane. Partendo dall'interno di questo schema, nel primo cerchio troviamo il Mercosur.Il Mercato Comune del Cono Sud fu istituito il 26 Marzo 1991 ed era composto inizialmente da: Argentina, Paraguay, Uruguay e lo stesso Brasile; oggi comprende anche il Venezuela, entrato dopo la recente ratifica del governo brasiliano. L'obiettivo del Mercosur è quello di raggiungere un mercato comune con l'abolizione delle tasse doganali. Per ulteriori informazioni confronta la voce Mercosur.Il secondo cerchio concentrico riguarda l'attenzione del Brasile verso gli altri Stati sudamericani con i quali vuole attuare un programma di collaborazione politica, culturale ed economica; tra questi paesi esisteva una cooperazione che prima si chiamava CASA e dall'Aprile del 2007 ha preso il nome di UNASUR. Il terzo cerchio concentrico è costituito dall'alleanza del Brasile con i Paesi emergenti dei continenti in via di sviluppo. In particolare, esistono rapporti con la Repubblica sudafricana per quanto riguarda l'Africa e con l'India, in rappresentanza dell'Asia. Questo accordo tuttavia si trova ancora in uno stato embrionale, in quanto avvengono ancora pochi scambi commerciali, ma le previsioni per la crescita dei rapporti economici sono ottimistiche.Per quanto riguarda poi in particolare l'Asia è palpabile la notevole presenza di mercati asiatici in Brasile, nonché la notevole quantità di esportazioni brasiliane in Asia (45 miliardi di attivo commerciale) che riguardano materie prime insieme ad alcuni prodotti finiti.Il quarto cerchio è costituito dal rapporto con i Paesi industrializzati. Il primo partner commerciale del Brasile è l'Unione Europea considerata nel complesso. Esiste un ottimo rapporto con gli USA che non hanno buone relazioni con tutti i paesi dell'America latina: il Brasile svolge un importante ruolo di mediazione tra i due blocchi, anche se con cautela in quanto non desidera spiccare nei confronti degli altri Paesi.Il quinto ed ultimo cerchio riguarda la volontà del Brasile di entrare come stato permanente nel consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (gli stati permanenti sono: USA, Russia, Cina, Regno Unito e Francia) e di avere un maggiore peso anche all'interno dell'Organizzazione Mondiale del Commercio in qualità di capofila degli altri Paesi Sudamericani.
Prodotto Nazionale Lordo: 1.269 trilione $ (10° posto nella classifica mondiale)[24]. Punti di forza: l'industria locale è ben sviluppata e assicura al paese una posizione dominante nella regione. Immense le risorse agricole e zootecniche (caffè, cacao, soia, mais, canna da zucchero, bovini). Ampi giacimenti d'oro, d'argento e di ferro. È uno dei più importanti produttori di acciaio e petrolio.
Le dissestate finanze regionali rischiano di mettere a repentaglio la stabilità economica. Gli investimenti esteri sono frenati dalle imposte sulle attività economiche e dalla corruzione. La vulnerabilità dell'economia è causata dalle fluttuazione dei prezzi delle materie prime.
Nel periodo 2003-2006 Il Brasile ha avuto una crescita economica del 3,3%, in confronto ad una media per i paesi sviluppati del 7,3%. Il trasporto via mare è strategico ma molti scali sono strutturalmente arretrati. Le strade ed i quartieri residenziali delle grandi città sono abnormemente sviluppati in rapporto alle esigenze funzionali collettive.
San Paolo del Brasile, la più grande città brasiliana.Gli interventi pubblici sono stati sovrabbondanti per ispirazione grandiosa ma hanno avuto poca sintonia con le possibilità di sviluppo. Il paese è profondamente urbanizzato ma il costo del lavoro è alto. La lunga abitudine alla burocrazia ed al gravoso prelievo fiscale non è stata efficacemente contrastata dal governo riformatore di Lula da Silva, al potere dal 2002. Il nuovo corso si è sostanzialmente saldato a quello del vecchio apparato di potere. I programmi non si sono aggiornati alle esigenze di mercato: in Brasile l'autorità centrale interviene sempre con iniziative di programma unilaterale. Tuttavia le grandi possibilità nelle forniture di biocombustibili, soia e minerali mantengono alto l'interesse per il paese. Nel 2006 gli investimenti sono cresciuti del 7% ed i salari del 8%. Gli ostacoli alla liberalizzazione dell'economia continuano ad essere forti in un contesto internazionale favorevole ad eliminarli.
Dal 2006 l'economia ha ripreso a crescere a un vigore superiore (nel 2006 l'economia è cresciuta del 3,8% e nel 2007 del 5,4%) anche grazie al nuovo progetto di accelerazione della crescita economica, il PAC.
Da sola produce il 10 per cento del reddito brasiliano, ed occupa soprattutto i territori pianeggianti della costa atlantica. Le coltivazioni principali sono il caffè, di cui è primo esportatore al mondo, la soia (secondo dopo gli Stati Uniti) e il frumento (specie nel Sud), ma anche riso, mais, canna da zucchero e cacao. La produzione è in prevalenza rivolta all'esportazione, e ciò obbliga il paese a importare derrate alimentari per far fronte al fabbisogno alimentare interno.
L'agricoltura del Brasile presenta ancora strutture perlopiù di tipo coloniale: l'1% dei proprietari possiede il 40% dei terreni coltivabili, organizzati in grandi proprietà fondiarie in cui si pratica per lo più l'allevamento estensivo, oppure aziende capitalistiche dedite all'agricoltura di piantagione. Esistono anche i minifundos, piccole proprietà gestite da agricoltori più poveri e coltivate a mais, riso, manioca e frumento.
29,3% dei brasiliani vivono sotto la linea di povertà. La popolazione povera vive, soprattutto, nelle favelas delle grandi città e nelle regioni più povere del Brasile (il Nord e il Nord-est). Il Brasile è un paese di contrasti tra ricchi e poveri. Molte città nelle regioni Sud e Sud-est hanno un grande sviluppo sociale. Per esempio, la città di São Caetano, nello stato di San Paolo, ha un Indice di sviluppo umano di 0,919, superiore a quello di Portogallo (0.897); di contro, la città di Manari, nello stato di Maranhão, ha un ISU di 0,467, lo stesso della Tanzania, nell'Africa.[26]
Ci sono anche differenze razziali: i brasiliani di origine europea o asiatica sono più ricchi che i brasiliani di origine africana. Un brasiliano nero guadagna la metà della retribuzione di un bianco. I neri ed i meticci sono 65% della popolazione povera ed i bianchi 36%.Sin dal sedicesimo secolo, le chiese ed i conventi cattolici del Brasile presentavano decorazioni di stile europeo, realizzate spesso da artigiani brasiliani addestrati alle tecniche di oltreoceano. Durante i secoli diciassettesimo e diciottesimo, i modelli barocco e rococò, importati dal Portogallo, influenzarono in maniera determinante l'architettura religiosa del Brasile. Molte di queste chiese possono essere ammirate ancora oggi.
L'artista più interessante dell'intero periodo coloniale fu senz'altro lo scultore e architetto Antônio Francisco Lisboa (1738-1814), meglio noto con il nome di Aleijadinho. Autodidatta, figlio di un colono portoghese e di una schiava, sviluppò una notevole maestria nelle più raffinate decorazioni rococò e le sue sculture lignee policrome e le statue di pietra esprimono una grandiosità di sentimenti fuori dal tempo. Aleijadinho, nonostante avesse contratto una grave malattia deformante, continuò a lavorare ugualmente per altri trent'anni, con lo scalpello ed il mazzuolo legati al polso. La sua arte può essere apprezzata nelle molte chiese barocche dello stato natio di Minas Gerais, specialmente nella città di Ouro Preto e nella zona circostante. Nella Chiesa del Bom Jesus de Matosinhos nella città di Congonhas do Campo, Aleijadinho scolpi nella pietra, a grandezza naturale, le statue dei dodici Profeti poste sulla scalinata e sul loggiato esterni. Di fronte alla scalinata della chiesa, in sei piccole cappelle devozionali, creò le stazioni della Via Crucis con 66 statue in legno di cedro.
Durante gli ultimi 40 anni del secolo diciottesimo, specialmente a Rio de Janeiro, apparvero i segni di un'arte nuova, non più dominata dai temi religiosi. Diventarono sempre più frequenti nella produzione artistica di Rio opere di contenuto mondano, come i ritratti di personaggi famosi.All'inizio del diciannovesimo secolo, con il trasferimento in Brasile della corte reale portoghese, determinato dall'invasione del Portogallo da parte delle truppe di Napoleone, si assiste ad un processo di "europeizzazione" della vita culturale. Dom João VI, il re portoghese fuggitivo, incoraggiò la vita intellettuale di Rio de Janeiro, fondando istituzioni culturali come la Stampa Regia e la Biblioteca Nazionale. Inoltre, portò con se un gruppo di maestri francesi per creare in Brasile un'Accademia delle Arti, sul modello di quelle europee, e introdurre lo stile neoclassico nel piano di ammodernamento di Rio de Janeiro come capitale del Regno. Facevano parte del gruppo artisti come i fratelli Taunay, l'architetto Auguste Grandjean de Montigny (1776-1850) ed il pittore Jean-Baptiste Debret (1768-1848), che con i suoi quadri ha lasciato una preziosa documentazione iconografica del paesaggio, della gente e delle abitudini rurali e cittadine dell'epoca. L'impronta lasciata da Debret e dai suoi colleghi fu tale che il neoclassicismo ha dominato le arti figurative brasiliane fino al periodo repubblicano.
Il calcio (futebol) è lo sport più seguito e più amato. La passione calcistica coinvolge migliaia di ragazzini fin da tenera età, il Brasile risulta essere il paese dove il calcio è più popolare nel mondo. La Nazionale brasiliana, nota informalmente come Seleção (Selezione), è la Nazionale di calcio più titolata del mondo, vantando 5 campionati mondiali vinti 1958, 1962, 1970, 1994, 2002 e 8 Coppe America 1919, 1922, 1949, 1989, 1997, 1999, 2004, 2007.
Inoltre è l'unica Nazionale di calcio ad essersi sempre qualificata alla fase finale di tutte le edizioni del Mondiale. Alcuni dei suoi giocatori sono considerati tra i più forti di sempre, come Pelè, Didì, Vavà, Jairzinho, Carlos Alberto, Zico, Falcão, Romario, Bebeto.
Tra i giocatori in attività i più rappresentativi vi sono Cafu, Roberto Carlos, Rivaldo, Ronaldo, Kaká, Robinho ,Ronaldinho e Alexandre Pato
Il Brasile ha ospitatato una volta un'edizione della Coppa del mondo FIFA, nel 1950. Nella partita decisiva perse per 2-1 contro l'Uruguay al Maracanã.
Dopo la rinuncia della Colombia alla candidatura per ospitare il campionato del mondo 2014 il 30 ottobre 2007, la FIFA ha confermato che i mondiali del 2014 si svolgeranno in BrasileIn Brasile ci sono diversi tipi di carnevale a seconda della regione che vai. Quello che attrae più turisti brasiliani è il carnevale di Salvador de Bahia, mentre quello che più attrae turisti stranieri è quello di Rio de Janeiro. Il carnevale di Rio de Janeiro è considerato il più trasgressivo e più importante del mondo, ogni anno sono milioni di turisti provenienti da tutto il mondo che si recano alla manifestazione più importante, dove una folla immensa tra musica e festa vengono spinti enormi carri con varie rappresentazioni di tutti i colori e ballerine brasiliane che ballano a suon di samba. in Brasile viene svolto normalmente quaranta giorni prima della quaresima a secondo dell'anno dura circa due settimane e viene svolto nello stesso periodo in tutto il Paese. Nei giorni di festa del carnevale il paese vanta una forte crescita economica.
Un'altro carnevale importante e tradizionale è quello di Olinda, dove la folla va in giro con grosse fantasie in blocchi tradizionali.
Brasilia (Brasília in portoghese) è la capitale del Brasile. È una delle capitali mondiali di più recente costruzione e costituzione, essendo stata costruita tra il 1956 ed il 1960 ed essendo capitale dal 21 aprile 1960. In precedenza la capitale del Brasile era Rio de Janeiro.
Brasilia è compresa nel Distretto Federale, creato da Juscelino Kubitschek all'interno dello stato di Goiás. Il Distretto è toccato dai fiumi Preto, ad est, e Descoberto, ad ovest. Brasilia è situata sul Planalto Central, un altopiano ad un'altitudine di circa 1.000 metri sul livello del mare. Dista 207 km da Goiânia, 1.531 km da Salvador, 930 km da Rio de Janeiro, 716 km da Belo Horizonte e 1.015 da San Paolo del Brasile.
La città ha inverni secchi ed estati umide. Durante la stagione umida, l'umidità relativa dell'aria raggiunge livelli critici nelle ore più calde del giorno. Durante la stagione secca, la temperatura si abbassa e può raggiungere minimi giornalieri di 13°C a luglio.
La temperatura media è di 20.5°C. Il mese più caldo è settembre, con massime medie di 28°C e minime medie di 16°C. Il mese più freddo è luglio, con massime medie di 25°C e minime medie di 13°C. La differenza mensile fra le massime medie è intorno ai 3°C, fra le minime medie intorno ai 5°C.
La temperatura minima assoluta mai registrata è stata di 1.6°C(nel 1975), la massima di 34.5°C(nel 1964).
Il distretto federale ha un governo autonomo e poteri legislativi, ma quello giudiziario è detenuto dall'Unione. Il Governatore Distrettuale viene eletto direttamente ogni 4 anni (oggi é Arruda). Le leggi locali sono stabilite da un'assemblea legislativa anch'essa eletta dalla popolazione residente. Il distretto possiede lo status di stato federale in molti altri aspetti. Ha rappresentanti propri sia nella Camera Bassa del Congresso (Câmara Federal), sia nel Senato nazionale.
Inoltre, Brasilia è sede del governo federale del paese. Il ramo esecutivo è rappresentato dal Palácio do Planalto (l'ufficio presidenziale) e i vari ministeri sono dislocati lungo l'Asse Monumentale. Anche i poteri legislativo e giudiziario vi hanno sede.
Il presidente Juscelino Kubitschek ordinò la costruzione di Brasilia, ponendo in atto un articolo della costituzione repubblicana del paese, lungamente trascurato, nel quale si stabiliva che la capitale sarebbe dovuta essere trasferita da Rio De Janeiro. Il suo principale pianificatore urbano fu Lúcio Costa. Oscar Niemeyer fu l'architetto capo della gran parte degli edifici pubblici e Roberto Burle Marx ebbe l'incarico di landscape designer. Il piano urbanistico fu basato sulle teorie di Le Corbusier. Brasilia fu costruita in 41 mesi, dal 1956 al 21 aprile 1960, quando fu ufficialmente inaugurata.
Dal 1763 al 1960, la capitale del Brasile fu Rio de Janeiro, e le risorse tendevano ad essere concentrate nella regione sud-orientale del paese. La posizione centrale di Brasilia fece sì che la capitale divenisse maggiormente "neutrale", rispetto alle varie regioni. L'idea di situare la capitale del Brasile nell'interno risale alla prima costituzione repubblicana del 1891, che definiva a grandi linee il luogo in cui creare il distretto federale, ma il sito fu definito soltanto nel 1922. La posizione di Brasilia avrebbe promosso lo sviluppo della regione centrale del Brasile ed avrebbe meglio integrato l'intero territorio brasiliano.
Una leggenda afferma che nel 1883 il prete italiano Giovanni Bosco ebbe un sogno profetico, in cui descrisse una città futuristica che corrispondeva più o meno all'ubicazione di Brasilia. Oggi, a Brasilia, vi sono numerosi riferimenti a questo educatore che fondò la Congregazione dei Salesiani. Una delle principali cattedrali porta il suo nome, cosí come l'"eremida Dom Bosco", punto panoramico dove Giovanni Bosco avrebbe affermato che sarebbe nata questa città "dai frutti giganteschi".Il piano urbanistico realizzato da Lúcio Costa era dettagliato e meticoloso. Stabilisce quali zone devono essere residenziali, quali commerciali, quali banchiere, quali ospedaliere. Limita le aree industriali, le zone in cui certi edifici possono essere costruiti e quanto questi edifici possono essere, ecc. Gli edifici residenziali presenti nel Plano Piloto, per esempio, possono avere un'altezza massima di sei piani, organizzati in accordo con le coordinate cardinali che fungono come indirizzo.
Il Senato NazionaleAlla base del progetto della città c'era una semplice croce. Citando Costa: il progetto "nasce dal gesto primario di qualcuno che segna un luogo per prenderne possesso: due assi che si incrociano ad angolo retto, il segno stesso della croce". [1] Tuttavia, la croce dovette essere adattata alla topografia del luogo, poiché erano già previsti progetti per un lago artificiale, e la città assunse la forma di un aeroplano.
La fusoliera dell'aeroplano contiene i ministeri, gli edifici governativi, il Senato e la Camera dei Deputati e una futuristica cattedrale, progettata da Oscar Niemeyer. Vi è anche un'altissima torre televisiva, che offre vedute spettacolare della città e del lago.
Le ali dell'aeroplano sono chiamate Ala Nord e Ala Sud: ognuna di esse è lunga circa 7 km. Il viale che si trova fra il lago e le ali è chiamato L4 Sul o L4 Norte, a seconda dell'ala.
Un ampio viale ad alta velocità, chiamato Eixo Rodoviário o "Eixao", collega le due ali tramite un sottopasso che scorre sotto la stazione centrale degli autobus, dove sono situati il distretto bancario e quello alberghiero. Gli indirizzi 100 e 300 stanno sul lato ovest dell'Eixo, e i 200 e i 400 sul lato est. Lungo queste strade vi sono le aree residenziali chiamate Super Quadra Sul e Super Quadra Norte. Sono costituite da blocchi di 11 condomini, di tre o sei piani: ogni edificio è identificato da una lettera. Fra i blocchi sono situate scuole e chiese per i residenti. Le strade commerciali tipicamente separano una Super Quadra dall'altra.
Brasilia dal satelliteLa città ha anche uno zoo, nei pressi dell'aeroporto internazionale, che ospita animali nativi della regione del Cerrado. Il lago è circondato dalle ambasciate, da circoli ricreativi e abitazioni lussuose, e da un enorme parco, chiamato Parque da Cidade ("Parco della Città"), che offre ampio spazio per correre in bicicletta, fare jogging ed entrare in contatto con la natura.
Una delle principale critiche a Brasilia è che sono stati presi poco in considerazione i pedoni. La città fu progettata durante l'avvento dell'età dei motori: nel piano originale non vi erano semafori, tutte le auto viaggiavano percorrendo cavalcavia o tunnel, per evitare intersezioni a raso. Attualmente, poiché nel progetto-pilota (Plano Piloto) erano previsti 200.000 abitanti, il piano urbanistico è divenuto obsoleto. La soluzione adottata dalla città è stato il tracciamento di migliaia di strisce pedonali su tutte le strade. Recentemente, sempre per alleviare questo problema, è stata costruita una metropolitana, ma ci sono ancora numerose stazioni incomplete. È stata completata una linea per l'Ala Sud, che prosegue fino all'importante città satellite di Taguatinga. Benché i trasporti pubblici siano presenti in abbondanza, l'automobile rimane un mezzo di trasporto popolare a Brasilia.
Un'altra critica è il dislocamento dei residenti poveri in città satelliti troppo lontane, come Santa Maria, São Sebastião, Gama, Ceilândia e Sobradinho. Questi centri sono collegati alla città da autobus e da un sistema di transito rapido di superficie. Gli abitanti di queste città satellite vivono in condizioni inferiori rispetto a quelle del progetto-pilota a causa della politica abitativa adottata dal Governatore Joaquim Roriz, che ha attratto verso la capitale molti abitanti di regioni povere del paese in cambio di una piccola tenuta, affollando il territorio del Distretto Federale. Quando si parla di Brasilia, queste città satellite sono raramente prese in considerazione, nonostante la loro popolazione sia largamente superiore a quella del progetto-pilota. Tuttavia, Brasilia è la città con il più alto indice di sviluppo umano (HDI) dell'intero Brasile.
In base al piano originale - che Brasilia deve seguire - la città è costantemente in costruzione.
L'UNESCO ha dichiarato Brasilia Patrimonio dell'Umanità.

Botswana

La Repubblica del Botswana (Lefatshe la Botswana) è uno Stato dell’Africa del Sud.
Confina con il Sudafrica a Sud, la Namibia ad Ovest, lo Zambia a Nord e lo Zimbabwe a Nord-Est. Non ha sbocchi sul mare. Già protettorato britannico del Bechuanaland, il Paese si è reso indipendente il 30 settembre 1966 adottando il nome di “Botswana”, che riprende quello del principale gruppo etnico, gli Tswana.
La capitale è Gaborone.
Prima del contatto con gli Europei, il Botswana era popolato da tribù Tswana dedite all’agricoltura e alla pastorizia.
Nel 1885 viene istituito il Protettorato del Bechuanaland sotto il controllo dell'Impero britannico.
Il Paese guadagna progressivamente maggiore autonomia fino a diventare indipendente il 30 settembre 1966 sotto la guida del leader indipendentista Seretse Khama. Questi ha egemonizzato la scena politica fino alla sua morte, nel 1980, cedendo il posto a Quett Ketumile Joni Masire. Masire ha tenuto lungamente le redini del Paese, prima di ritirarsi nel 1998. La presidenza è passata allora a Festus Mogae.
Nel 1994 è il primo paese a uscire dalla classifica dei Paesi Meno Sviluppati (LDC) stilata dall'ONU
Il territorio del Botswana era occupato prevalentemente dal Deserto del Kalahari, che copre circa il 70% della superficie del Paese.
Nel Nord-Ovest del Paese si trova il Delta dell’Okavango; si tratta del più grande delta interno del mondo.
Il Paese conta 1,640,115 abitanti (2005), concentrati prevalentemente nell’Est del Paese. Tenuto conto che nel 1971 la popolazione era di circa 574,000 unità, si può dire che in trent'anni essa si sia triplicata con una crescita annua che si aggira attorno al 2%.
Il tasso di crescita della popolazione è dello 0%, con un indice di natalità di 23,33 nati per 1.000 abitanti e di mortalità di 29,36 morti per 1.000 abitanti (2005).
Come in molti alti Paesi dell’Africa australe, in Botswana l’epidemia di AIDS è molto diffusa: il 38,8% degli adulti, pari a 350.000 persone, è affetto dal virus HIV. Nel 2003 si sono registrate 33.000 morti per AIDS. L'AIDS ha ridotto l'aspettativa di vita a 30 anni, il valore minimo del mondo, quando 10 anni fa era di 60 anni.
Il tasso di crescita della popolazione è dello 0%, con un indice di natalità di 23,33 nati per 1.000 abitanti e di mortalità di 29,36 morti per 1.000 abitanti (2005).
Come in molti alti Paesi dell’Africa australe, in Botswana l’epidemia di AIDS è molto diffusa: il 38,8% degli adulti, pari a 350.000 persone, è affetto dal virus HIV. Nel 2003 si sono registrate 33.000 morti per AIDS. L'AIDS ha ridotto l'aspettativa di vita a 30 anni, il valore minimo del mondo, quando 10 anni fa era di 60 anni.
L'etnia maggioritaria è costituita dagli Tswana (66,8% della popolazione), seguiti da Shona (14,8%), Ndebele (1,7%), Boscimani (1,3%) e Ottentotti (1,3%). Il restante 14,1% è spartito da varie altre etnie.
La religione più diffusa è l'animismo (55%), seguita dal protestantesimo (14%) e dal cattolicesimo (4%). Vi è un'esigua minoranza islamica (1%).
La lingua ufficiale, l'inglese, è parlato da appena il 2.1% della popolazione; la lingua più parlata è il Setswana (78.2%), seguita dal Kalanga (7.9%) e dal Sekgalagadi (2.8%). Al momento dell’indipendenza, solo una piccola parte della popolazione del Botswana poteva accedere all’istruzione superiore e universitaria. La crescita economica ha permesso di istituire un sistema educativo che garantisce 10 anni di educazione di base. Circa metà della popolazione frequenta ulteriori due anni di scuola secondaria che permettono di conseguire il “Botswana General Certificate of Education” (BGCSE). Il BGCSE permette di accedere all’istruzione tecnica, erogata in sei istituiti in tutto il Paese, a corsi professionali di insegnante e infermiere, o accedere all’Università del Botswana a Gaborone. L’Università conta oltre 10.000 studenti. Il sistema dell’istruzione si dimostra carente nelle risorse assicurate alle scuole primarie, soprattutto per quanto riguarda la remunerazione degli insegnanti. Nel gennaio 2006 dopo oltre 20 anni di scuola pubblica gratuita, il governo ha annunciato la reintroduzione di tasse scolastiche.
Dopo l’indipendenza, il Botswana non si è dotato di forze armate. Tuttavia, dopo gli attacchi dell’esercito della Rhodesia, il Paese ha costituito un Corpo per l’autodifesa nel 1977. Il Presidente è il Comandante in Capo del Corpo e nomina il Consiglio di Difesa. Il Corpo attualmente arruola circa 12.000 militari.L’evoluzione della situazione geopolitica nella regione ha permesso di specializzare il Corpo in operazioni di polizia ambientale, di protezione civile e in missioni internazionali di peacekeeping. Gli Stati Uniti sono il principale finanziatore del Corpo e forniscono addestramento e formazione agli ufficiali.
L'economia del Paese, strettamente legata a quella del Sudafrica, è dominata dall'allevamento di bestiame, dall'estrazione mineraria, in particolare di diamanti, e dal turismo.
Sin dall’indipendenza, il Botswana ha mostrato uno dei più elevati tassi di crescita del reddito pro capite del mondo. Dal 1966 al 1999 la crescita economica annua è stata in media del 9%.La politica fiscale è stata orientata al mantenimento di un modesto livello di tassazione, nonostante i deficit di bilancio nel 2002 e 2003 e un livello trascurabile di debito estero. Il Botswana ha ottenuto il più elevato rating creditizio tra i Paesi africani ed è stato in grado di accumulare riserve in valuta straniera per oltre due volte e mezzo il valore delle imposte annuali (oltre 5 miliardi di dollari nel 2004).La sorprendente crescita economica può essere spiegata dal saggio impiego dei proventi derivanti dalle miniere di diamanti, accompagnato da prudenti politiche fiscali e da una cauta apertura internazionale. Debswana, il monopolista delle miniere, è posseduto per metà dallo Stato e genera circa la metà dei proventi pubblici. Tuttavia, nel 2002-2003, si è registrata una contrazione del 10% degli investimenti per lo sviluppo, a causa dei disavanzi di bilancio e dell’aumento delle spese per la sanità. Il Paese è infatti fortemente colpito dall’epidemia di AIDS: circa un terzo della popolazione è affetta dal virus HIV. Si tratta del secondo più alto tasso di infezione del mondo, dopo lo Swaziland. Il governo è consapevole dell’impatto dell’epidemia di AIDS sull’economia: tra le misure che sono state attuate per combatterla, vanno registrati i trattamenti gratuiti con farmaci antriretrovirali e con un programma nazionale di prevenzione del contagio da madre a figlio. In parte, i deficit di bilancio possono essere spiegati con un livello relativamente alto di spese militari (circa il 4% del PIL del 2004), pur di fronte ad una bassa probabilità di conflitti internazionali. Va tuttavia registrato che il Paese invia le sue truppe in operazioni multilaterali e di assistenza umanitaria.
Gaborone, popolazione stimata 208.411 abitanti (2005), è la capitale del Botswana. Prese il posto di Mafeking come capitale del Protettorato del Bechuanaland nel 1965. Mafeking (oggi Mafikeng) era al di fuori del Protettorato del Bechuanaland, nella Provincia del Nordovest del Sudafrica, una strana sistemazione che risaliva all'inizio del periodo coloniale. Ovviamente, quando il protettorato divenne indipendente col nome di Botswana, necessitava di una capitale all'interno del suo territorio; inizialmente si era pensato che Lobatse potesse fungere da capitale, ma venne deciso che sarebbe stata troppo limitata. Allo scopo invece, sarebbe stata costruita una nuova città capitale, adiacente a Gaberones, un piccolo insediamento amministrativo coloniale.
Il nome era originariamente Gaberone's, ovvero Villaggio di Gaberone, seguendo la precedente pratica di indicare le capitali tribali africane con il nome del loro capo, in questo caso Gaborone dei BaTlokwa, il cui villaggio, oggi chiamato Tlokweng, era dall'altra parte del fiume rispetto al quartier generale del governo coloniale. La nuova città, Gaborone, gode di una disponibilità d'acqua relativamente buona, che ne ha facilitato la crescita. In origine era prevista per essere una città abbastanza piccola, ma è cresciuta rapidamente.
La vecchia Gaberones divenne un sobborgo della nuova Gaborone, ed è oggi nota come "il Villaggio". Il termine "Gabs" è sopravvissuto come abbreviazione di Gaborone ed è talvolta usato colloquialmente.
L'espansione industriale è stata guidata dalle vicine miniere di manganese e amianto.
La Southern African Development Community (SADC) ha stabilito la sua sede a Gaborone; l'organizzazione venne costituita nel 1980 per aumentare la cooperazione economica tra i suoi membri e ridurre la dipendenza dal Sudafrica. Gaborone è anche la sede dell'Università del Botswana.

Bosnia Herzegovina

La Bosnia ed Erzegovina (comunemente indicata come Bosnia-Erzegovina) è uno stato situato nei Balcani occidentali che fino al 1992 faceva parte della Jugoslavia. La sua capitale è Sarajevo.
Il nome Bosnia deriva dal nome del fiume Bosna (in illirico boghi-na significa scorrente); Erzegovina deriva dal tedesco herzog che significa ducato (nome assunto nel 1448).
La Bosnia si trova nei Balcani occidentali, confina con la Serbia a nord-est e Montenegro a sud-est e con la Croazia a nord, sud e sud-ovest. La città (con la maggioranza croata) portuale di Neum nel cantone di Erzegovina-Neretva è l'unico accesso al mare.
Il territorio della Bosnia-Erzegovina e prevalentemente montuoso.La parte occidentale del paese è attraversato dalle Alpi Dinariche le cui vette superano in più punti i 2000 m
Durante i primi secoli dell'età cristiana, la Bosnia fu parte dell'Impero Romano. Caduta Roma, essa venne contesa da Bisanzio e dai regni romano-barbarici occidentali.
Gli Slavi si insediarono nella regione nel VII secolo ed i regni di Croazia, Doclea e Rascia/Serbia e ducati di Zachumlia e Terbunia si divisero il controllo della Bosnia nel IX secolo. L'XI e il XII secolo videro la regione sotto il dominio del regno di Ungheria-Croazia.
Il regno medioevale di Bosnia ottenne l'indipendenza attorno al 1200 e la mantenne fino al 1463, quando i turchi ottomani conquistarono la regione. Durante il dominio ottomano, molti bosniaci ed erzegovinesi abbandonarono i loro legami con la Cristianità in favore dell'Islam. La Bosnia fu sotto il controllo ottomano fino al 1878, quando venne data in amministrazione all'Austria-Ungheria. Mentre coloro che abitavano in Bosnia furono dal 1908 ufficialmente all'interno dell'impero austro-ungarico.
Gli Slavi del sud, in Serbia e altrove, iniziarono a richiedere uno stato slavo meridionale; la Prima guerra mondiale iniziò quando un nazionalista serbo, Gavrilo Princip, assassinò l'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo.
L'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia dopo aver visto rifiutate le proprie richieste di partecipare alla ricerca e alla persecuzione delle organizzazioni terroristiche; la Russia si schierò a fianco della Serbia, mentre la Germania si schierò a fianco dell'Austria; ne scaturì la Prima guerra mondiale. L'Italia non rispettò la Triplice Alleanza, poiché il trattato prevedeva una difesa comune contro un attacco esterno e non un attacco diretto come fece l'Austria, così entrò in guerra contro gli ex alleati senza il voto del Parlamento, non interventista. Dopo la Grande guerra, la Bosnia divenne parte del regno di Jugoslavia, solo per essere ceduta alla Croazia controllata dal governo nazionalista dello Stato indipendente di Croazia durante la Seconda guerra mondiale.
La vittoria sul nazifascismo nella Seconda guerra mondiale vide l'istituzione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, guidata da Tito, e la creazione della Bosnia, come repubblica. Durante questo periodo di dittatura del regime socialista le diverse etnie presenti sul territorio non avendo nessuna libertà di espressione convissero forzatamente, essendo dominante l'etnia serba.
Dopo la morte di Tito, Miloševic e le forze Jugoslaviste (serbe) cercarono di arginare le scissioni delle altre etnie croate e musulmane. Nella prima fase della crisi in effetti i bosniaci-musulmani avevano mantenuto buone relazioni con i serbi (vedi il trattato serbo-musulmano di agosto 1991, sottoscritto dall'Adil Zulfikarpašic). Il tentativo non ebbe successo: la forte minoranza serba, temendo la secessione, come era avvenuto nel giugno del 1991 per la Slovenia e la Croazia, iniziò a muoversi per prevenire qualsiasi tentativo in tal senso.
A una "dichiarazione di sovranità" bosniaca, proclamata il 15 ottobre 1991, seguì la convocazione di un referendum per l'indipendenza dalla Jugoslavia, che si svolse il 29 febbraio e il 1° marzo 1992: la consultazione, boicottata dalla comunità serba, espresse il 64% di voti favorevoli all'indipendenza dalla Jugoslavia. Ne seguirono l'immediato dispiegamento, da parte del governo di Belgrado, delle proprie truppe sul territorio bosniaco, e la mobilitazione di formazioni militari e paramilitari da parte dei tre gruppi etnici.
Il 5 aprile 1992, a Sarajevo, cecchini serbi aprirono il fuoco su una manifestazione popolare a carattere pacifico ed interetnico, uccidendo un dimostrante. Il giorno seguente, la Comunità Europea riconobbe l'indipendenza della Bosnia-Erzegovina; i deputati serbi risposero proclamando la secessione della Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, le cui truppe militari e paramilitari presero il controllo di circa il 70% del territorio nazionale. La violenza interetnica divampò in tutto il paese, causando numerose vittime anche tra la popolazione civile. Il 2 maggio 1992 l'esercito federale e le milizie serbe bloccarono tutti gli accessi a Sarajevo, ponendo la capitale sotto un assedio destinato a durare ben 43 mesi.
Stragi, stupri e deportazioni proseguirono per tutta la durata della guerra, in uno scenario di pulizia etnica culminato, nel luglio del 1995, nel massacro di Srebrenica, costato la vita a circa 8.000 civili bosniaci.
L'orrore suscitato in tutto il mondo dal massacro di Srebrenica determinò una svolta nell'atteggiamento della comunità internazionale, i cui sforzi volti a una risoluzione diplomatica del conflitto avevano ottenuto come unico risultato la presenza dei caschi blu dell'ONU a difesa dell'aeroporto di Sarajevo, unico legame tra la capitale e il resto del mondo, e di alcune enclave bosniache nel territorio occupato dai serbi, compresa la stessa Srebrenica. Nell'agosto del 1995, perciò, la NATO intraprese una campagna di bombardamenti aerei sulle installazioni delle milizie serbe che, supportando l'avanzata delle forze armate croate reduci dalla liberazione della Krajina, sancirono la conclusione del conflitto.
I tre anni di guerra videro il governo centrale costretto a fronteggiare anche sporadici scontri con le milizie croate, cui nel marzo del 1994 pose fine la creazione della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, e un tentativo di secessione da parte della Provincia Autonoma della Bosnia Occidentale, appoggiato dai governi di Belgrado e Zagabria.
Il 21 novembre 1995 a Dayton, nell'Ohio, i capi di stato bosniaco Alija Izetbegovic, serbo Slobodan Miloševic e croato Franjo Tudman siglarono l'accordo di pace, che trasformò la Bosnia-Erzegovina in una repubblica federale, assegnandone il 51% del territorio alla Federazione di Bosnia ed Erzegovina e il restante 49% alla Repubblica Serba. La versione definitiva del trattato fu firmata a Parigi il 14 dicembre dello stesso anno.
La guerra si chiuse con un bilancio di circa 102.000 morti e 1.326.000 profughi, il più pesante registrato sul suolo europeo dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Per molto tempo la retorica nazionalista e la paralisi delle istituzioni hanno costituito un forte ostacolo al progresso dei negoziati.
Nel dicembre 2007 la Bosnia-Erzegovina ha parafato con l'Unione Europea l'accordo di Stabilizzazione e Associazione (ha cioè firmato per presa visione del contenuto del documento), fase preliminare rispetto alla firma vera e propria.
Nell'aprile 2008 il Parlamento bosniaco ha adottato la riforma della polizia, condizione che da tempo l'Unione Europea ha posto alla Bosnia-Erzegovina per firmare l'accordo di pre-adesione. L'accordo di Stabilizzazione e Associazione dovrebbe essere firmato il 12 giugno 2008.Il titolo di etnia alla popolazione di fede islamica, o di tradizione islamica venne riconosciuta nel 1961. In questo modo il governo della vecchia Federazione iugoslava intese riconoscere alla componente maggioritaria presente nella regione diritti analoghi alle altre comunità (serba, croata, slovena, macedone, ...).
Fino allo scoppio del conflitto nazionalista (1991-1995), la Bosnia-Erzegovina veniva considerata come esempio di Paese multietnico in cui si era raggiunto un sereno equilibrio tra le diverse comunità. I problemi tuttavia erano solo sopiti e si manifestarono con le armi. Infatti la convivenza di etnie musulmane accanto a quelle serbe e croate non era facile.
Secondo il censimento del 1991, la Bosnia ed Erzegovina è per il 44% etnicamente bosniaco-musulmana (all'epoca dichiarati musulmani, successivamente per indicare i cittadini bosniaci di religione islamica è stato coniato il termine bosgnacchi), per il 31% serba e per il restante 17% croata, con il 6% delle persone che si dichiarano jugoslave, queste comprendono le persone provenienti da matrimoni misti così come alcuni irriducibili "patrioti" jugoslavi. Esiste anche una forte correlazione tra identità etnica e religione; l'88% dei croati è cattolico, il 90% dei bosgnacchi pratica l'Islam, e il 99% dei serbi è ortodosso.
Dopo la guerra non è stato più eseguito un censimento ufficiale, esistono solamente stime. Secondo i dati del 2006 del CIA World Factbook, la Bosnia-Erzegovina è etnicamente al 48% bosniaca (bosgnacca), 37,1% serba, 14,3% croata, 0,6% altro (compresi i pochissimi italiani). Infatti esiste una minoranza italiana di origine trentina. Nella seconda metà dell'Ottocento le autorità austriache che governavano la Bosnia, incentivarono una emigrazione trentina (all'epoca anche il Trentino era austriaco) in Bosnia. Le comunità italiane si accentrano lungo la valle della Sava (Stivor) e anche a Tuzla, Zenica e SarajevoQuest'ultimo ha delle autonomie proprie.
L'ex repubblica iugoslava della Bosnia-Erzegovina è stata praticamente spartita in due zone, la Federazione croato-musulmana (51% del territorio) e la Repubblica serba (il restante 49%).
Ciascuna delle due zone ha un proprio ordinamento, che soprattutto nel caso della prima, prevede una complessa gerarchia di ruoli e responsabilità volta a garantire il mantenimento di buoni rapporti di convivenza tra le etnie musulmana e croata.
Tale architettura amministrativa e politica si ripete per la Presidenza centrale della repubblica, al cui vertice stanno tre membri eletti a suffragio universale in rappresentanza delle tre etnie.
La Bosnia-Erzegovina è indipendente dal 1992. Il conflitto (1992-1995) scoppiato tra le tre etnie costituenti la Bosnia (croata, bosniaco-musulmana, serba) si è concluso con l’intervento dell’ONU e della NATO insieme all' Unione Europea]]. Gli Accordi di Dayton firmati nella data del 21 novembre 1995 hanno sancito l’integrità e la sovranità di una Bosnia, divisa tre due “Entità”, la Federazione di Bosnia-Erzegovina, croato–musulmana (51% del territorio), e la Repubblica Srpska, serba (49% del territorio) e un'entità autonoma ossia il Distretto di Brcko.
Con gli stessi Accordi è entrata in vigore la Costituzione della Bosnia Erzegovina che non è un documento indipendente bensì costituisce l'Annesso 4 degli Accordi di Dayton.
La Bosnia-Erzegovina è dotata di istituzioni “statali” centrali: una Presidenza tripartita; un Parlamento bicamerale con una Camera dei Rappresentanti e da una Camera dei Popoli; un Consiglio dei Ministri; una Corte Costituzionale ed una Banca Centrale. La Presidenza tripartita è composta da tre membri, esponenti dei tre gruppi etnici maggioritari musulmano-bosniaco, serbo-bosniaco, croato-bosniaco.
La forma giuridica delle due singole Entità è stabilito dalle proprie Costituzioni, che prevedono per entrambe un Presidente e due Vice Presidenti, un Parlamento (bicamerale per la Federazione e monocamerale per la Repubblica Sprska) ed un Governo. Le due Entità godono di larghissima autonomia, anche se hanno istituzioni comuni in limitate materie, tra cui politica estera, doganale e monetaria. Nel settore della difesa è prevista invece una competenza propria delle due Entità, che dovranno tuttavia essere dotate di forze militari bilanciate.
Il PIL nominale (a prezzi correnti) del Paese nel 2005 è stato di 6.154 milioni di dollari americani. [2]
Assieme alla Repubblica di Macedonia, la Bosnia ed Erzegovina era la repubblica più povera della Jugoslavia. In larga parte l'agricoltura era in mani private, ma le fattorie erano piccole e inefficienti, e il cibo è stato tradizionalmente importato più che esportato nella repubblica. L'economia a pianificazione centralizzata ha prodotto delle eredità nell'economia. L'industria ha più impiegati del necessario, il che riflette la rigidità della pianificazione economica. Sotto Josip Broz Tito, nella repubblica vennero spinte le industrie militari; la Bosnia ospitava una grossa fetta dell'industria jugoslava della difesa.
Tre anni di lotta tra etnie ha distrutto l'economia e le infrastrutture della Bosnia, provocando un incremento della disoccupazione e un crollo della produzione dell'80%, oltre a causare la morte di un numero di persone tra le 60 e le 200 mila e aver reso profuga metà della popolazione. Con una pace instabile in vigore, la produzione riprese nel 1996-98 con alti tassi percentuali ma su una base ridotta; ma la produzione rallentò apprezzabilmente nel 1999, e il PIL rimane molto al di sotto dei livelli del 1990.er
Sarajevo (in alfabeto cirillico ????????; in italiano: Saraievo) è la capitale e la più grande città della Bosnia-Erzegovina. La sua popolazione si aggira attorno ai 752.000 abitanti (al 2007 [1]). Conosciuta principalmente come scenario dell'attentato compiuto nel 1914 all'arciduca austriaco Francesco Ferdinando da parte del nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip (avvenimento che fece scoppiare la prima guerra mondiale), la città ha ospitato, nel 1984, la XIV Olimpiade invernale e, tra il 1992 e il 1995, ha sofferto oltre tre lunghi anni di assedio da parte delle forze serbo-bosniache (durante la guerra civile jugoslava).
Sarajevo è localizzata vicino al centro geometrico del triangolo di terra che è la Bosnia ed Erzegovina, qualche chilometro ad est della sorgente del fiume Bosna. Un piccolo fiume di nome Miljacka divide la città in due parti. L'antico cuore della città si trova in una ampia valle che ha una forma naturale di anfiteatro.
La città si trova a 511 metri sopra il livello del mare, alcuni suoi sobborghi raggiungono i 900 metri sopra il livello del mare, il che fa di Sarajevo una delle città più elevate in Europa. Le cime delle montagne che accerchiano la città raggiungono e superano i 2000 metri sopra il livello del mare.
Durante la seconda metà del XX secolo, città satellite come Ilidza e Vogosca si sono fuse con Sarajevo diventandone dei sobborghi.
L'area occupata dalla Sarajevo odierna è stata continuamente abitata dall'Età della pietra. Ne sono tutt'oggi rimaste delle evidenti tracce, anche se maggiormente dovute a delle successive ricostruzioni. Una città romana - il cui nome probabilmente era "Aquae Sulphurae" - sorgeva nell'antichità al posto del sobborgo di Ilidza.
Durante i primi anni del Medioevo Sarajevo non era altro che un insieme di villaggi raggruppati attorno ad uno spazio per il mercato e ad una fortezza chiamata Vrhbosna.
L'anno generalmente ricordato come quello di fondazione della città è il 1461, quando il primo governatore Ottomano in Bosnia, Isa-beg Ishakovic, trasformò il raggruppamento di villaggi in una città e in una capitale, costruendo degli edifici chiave, ed in particolare una moschea, un mercato al chiuso, dei bagni pubblici, un ostello e ovviamente il castello del Governatore (saray) che diede alla città il suo nome di oggi.
Sarajevo ha iniziato a prosperare nel XVI secolo quando il suo maggiore costruttore Gazi Husrev-beg diede vita a quasi tutto quello che oggi compone la città vecchia.
Durante una incursione condotta dal principe Eugenio di Savoia, nel 1699, contro l'Impero Ottomano, Sarajevo fu bruciata e rasa al suolo. La città in seguito fu ricostruita anche se non si riprese mai pienamente dalla distruzione, tanto che la capitale della Bosnia fu spostata a Travnik.
Nel 1878, la Bosnia fu occupata dall'impero Austro-Ungarico, architetti e ingegneri invasero Sarajevo cercando di ricostruirla come una moderna capitale europea. Questo portò alla fusione delle parti della città ancora costruite in stile Ottomano, con l'architettura contemporanea occidentale. Sarajevo ospita anche brillanti esempi del periodo della Secessione e dello stile Pseudo-Moro.
Nel 1914 la città fu lo scenario dell'evento che scatenò la prima guerra mondiale, l'assassinio - il 28 giugno del 1914 - dell'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando e di sua moglie.
In seguito alla seconda guerra mondiale Sarajevo divenne un importante centro industriale regionale della Jugoslavia e di conseguenza è cresciuta molto rapidamente. I nuovi quartieri sono stati costruiti a ovest della città vecchia e sono andati accrescendo l'unicità dell'architettura della città.
Il momento di massima crescita della città si ebbe agli inizi degli anni '80 quando Sarajevo venne nominata città ospitante dei giochi olimpici invernali.
A causa dell'inizio della guerra in Jugoslavia, il 6 aprile 1992 la città venne accerchiata ed in seguito assediata dalle forze serbe. La guerra, che è durata fino all'ottobre del 1995, ha portato distruzione su larga scala e una fortissima percentuale di emigrazione.
Tra i beni culturali maggiormente devastati dal conflitto si rammentano la Biblioteca Nazionale ed Universitaria, che era il monumento più rappresentativo dell'architettura pseudo-moresca del XIX secolo, il "Museo di Stato della Bosnia-Herzegovina" e la Moschea di Gazi Husrev Beg (del XVI secolo).
La ricostruzione della città è iniziata a partire dal marzo del 1996, subito dopo la fine della guerra. Sebbene già nel 2003 la maggior parte della città presentasse il frutto dei primi processi della ricostruzione, ad oggi (giugno 2006) Sarajevo mostra ancora i segni profondi del conflitto, sia nella parte nuova che in quella più antica. Il Palazzo del Parlamento, devastato dalla guerra, si presenta finalmente avvolto dai teloni che preannunciano il suo restauro.
L'Aeroporto Internazionale di Sarajevo (codice SJJ) si trova a pochi chilometri a sud-ovest della città. Durante la guerra l'aeroporto è stato utilizzato per i voli dell'ONU e per i soccorsi umanitari. Dopo l'accordo di Dayton, nel 1996, l'aeroporto è tornato ad offrire normali voli commerciali.
Gli sport e gli eventi sportivi hanno avuto un ruolo importante a Sarajevo, ancor da prima che la città ospitasse i giochi olimpici.
Uno degli sport più praticati è il calcio. Le due squadre di calcio - FK Sarajevo e FK Željeznicar - hanno entrambe spesso partecipato a tornei a livello europeo e a tornei per la Coppa Mondiale. Altre squadre calcistice cittadine sono il SAŠK Napredak e l'Olimpik Sarajevo.
Molto praticata è anche la pallacanestro. La squadra cittadina, il Bosna Sarajevo, è stata campione europeo nel 1979.
Conosciuta è anche la squadra di scacchi Bosna Sarajevo che ha partecipato a diversi campionati fin dagli anni '80.

Bolivia

La Bolivia è uno Stato dell'America meridionale, situato nel centro del subcontinente, senza sbocchi al mare. La sua superficie è di 1.098.581 km². Secondo il censimento svolto nel 2001, contava 8.274.325 abitanti, mentre, secondo stime più recenti[1] (2005), la popolazione avrebbe raggiunto quota 8.857.870 unità. La capitale costituzionale è Sucre, mentre la capitale amministrativa, dove ha sede il Governo, è La Paz. La città più popolata è Santa Cruz de la Sierra, con circa 1,5 milioni di abitanti.
Confina a nord e ad est con il Brasile, a sud con Argentina e Paraguay e ad ovest Perù e Cile.
Questa parte del continente americano è abitata dalla nostra specie da 15.000-20.000 anni. Nelle regioni andine dell'attuale Bolivia fiorirono numerose culture di cui la più importante è forse la cultura Tiwanaku, che si sviluppò tra il II secolo a.C. el il XIII secolo nella parte meridionale del Lago Titicaca. Molto più recente il dominio Inca, che data il XV secolo. L'impero del Tawantinsuyu venne sottomesso dalla conquista spagnola di Francisco Pizarro anche grazie alle lotte intestine per il potere.
La Bolivia non è però solo un Paese andino. I due terzi del suo territorio sono bassipiani tropicali. In queste regioni, da epoca anteriori alla cultura Tiwanaku, si svilupparono complesse organizzazioni umane che crearono e controllarono estese opere di ingegneria idraulica, nelle savane e foreste dell'attuale regione del Beni. La cultura delle Lomas di Moxos e Baures permise per quasi 3.000 anni l'esistenza di una densa popolazione che riuscì a convivere con le periodiche inondazioni di imponenti affluenti del Rio delle Amazzoni, come il Mamoré, Beni e Iténez.
Tra il 1828 e il 1900 la Bolivia fu in guerra aperta o latente un po' con tutte le Nazioni confinanti (Perù, Cile, Paraguay e Brasile), per questioni di confine e per il controllo di giacimenti minerari o risorse forestali (1899-1900 guerra del Acre per il controllo dell'estrazione del caucciù). Il più importante di questi conflitti è certamente la guerra del Pacifico (1879-1884), in cui Bolivia e Perù si scontrarono con il Cile. La sconfitta in questo conflitto e i successivi trattati di pace sottoscritti ed approvati dal governo boliviano, portarono alla cessione del litorale oceanico boliviano che così perse il suo accesso al mare.
La Bolivia non si fece coinvolgere nella Prima Guerra Mondiale, ma provocò il primo conflitto moderno del continente americano: la Guerra del Chaco (1932-1935) contro il Paraguay. La disfatta di fronte al più debole Paraguay, che portò alla perdita di parte del territorio del Chaco boreale, nel sud-est del paese, fu originata anche a causa dei gravi conflitti interni al suo esercito, la corruzione di parte degli ufficiali di maggior grado e la quasi totale estraneità del territorio del Chaco alla realtà nazionale boliviana.
La Guerra del Chaco portò al potere una nuova generazione di militari, con una forte enfasi nazionalista. Internamente la situazione restava caotica, con il dominio economico e sociale dei baroni dello stagno che controllavano l'intera economia nazionale. Fu opera di questi la destituzione degli ufficiali nazionalisti e l'instaurazione di un governo pro-USA che partecipò formalmente alla Seconda Guerra Mondiale. Questa partecipazione generò solo maggior risentimento nella popolazione, giacché si limitò alla fornitura agli USA di materia prima a prezzi irrisori, senza nessun reale riconoscimento per l'economia nazionale.
Tutto ciò contribuì all'avvenimento storico di maggior trascendenza dall'indipendenza: la rivoluzione del 1952. Artefice della rivoluzione fu Víctor Paz Estenssoro e il Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR). Venne istituito il suffragio universale, furono nazionalizzate le miniere di stagno e nel 1953 si decretò la riforma agraria. Con la rivoluzione nazionalista la Bolivia uscì, secondo l'opinione di molti, dall'età feudale.
L'MNR restò al Governo, con importanti successi elettorali, fino al 1964, quanto un colpo di Stato militare portò alla presidenza il generale René Barrientos Ortuño; fu durante il suo Governo che si sviluppò la guerriglia del Che nel Dipartimento di Santa Cruz. Fu lui a dare l'ordine di assassinare Ernesto "Che" Guevara il 9 ottobre del 1967. Barrientos morì l'anno dopo in un misterioso incidente aereo.
Furono periodi di colpi di Stato militari, anche qualcuno di sinistra. In quegli anni, la Bolivia partecipò al piano continentale di repressione e assassinio degli oppositori politici denominato Plan Condor, assieme a Cile, Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Al generale Hugo Banzer, succedette García Meza Tejada che instaurò l'epoca della narco-dittatura, in cui la cocaina e il narcotraffico diventarono strumento di pianificazione economica dello Stato. A sorreggere il potere di Meza e del suo ministro dell'interno, Arce Gomez, furono anche squadre di neonazisti e neofascisti italiani (tra i quali il terrorista Stefano Delle Chiaie). Con la caduta di Garcia Meza si chiusero anche gli anni del dorato esilio in Bolivia di Klaus Altman (cioè Klaus Barbie), il carnefice nazista chiamato il boia di Lione, che aveva goduto di grande favore da parte dei militari boliviani e che verrà estradato in Francia al ritorno della democrazia nel 1982.
Col Governo democratico di Siles Zuazo (1982-1985) si aprì il periodo democratico che dura tutt'oggi. La grave crisi economica durante questo primo governo, con un'inflazione a vari zeri, portò ad una nuova presidenza del MNR con Víctor Paz Estenssoro (1985-1989) che risanò l'economia al prezzo di gravi disagi sociali. La politica economica strutturata dall'MNR, definita neoliberale, proseguì con la presidenza di Paz Zamora, del Movimento della sinistra rivoluzionaria (MIR), appoggiato dal partito dell'ex dittatore Banzer.
Nel 1993 tornò al governo l'MNR con Sanchez de Lozada (1993-1997). Si trattava di un Governo riformista di impronta neoliberale, con l'appoggio di alcuni partiti della sinistra boliviana. Durante la presidenza di Sanchez de Lozada si promulgarono molte importanti Leggi di riforme sociale ed economica, come la Legge di partecipazione popolare, la Legge INRA e quella forestale. Si avviarono anche i processi di capitalizzazione di molte compagnie statali che portarono a contestazioni e accuse di vendere la Patria agli stranieri. Successivamente, durante la presidenza dell'ex dittatore Hugo Banzer (1997-2001), sostenuto da un'incontrollabile e corrotta mega coalizione di partiti di varia tendenza populista), furono capitalizzate anche le due raffinerie boliviane. Dopo la disastrosa presidenza di Banzer e, alla sua morte, del vicepresidente Jorge Quiroga (2001-2002), l'economia boliviana era al tracollo. Inoltre, durante la presidenza Banzer iniziarono con forza le lotte popolari con la rivolta dell'acqua a Cochabamba nel 2000, lotte che si sarebbero poi consolidate con negli anni seguenti.
Nel 2002 è stato rieletto alla presidenza Sanchez de Lozada, detto Goni. Nel febbraio del 2003 una sommossa della polizia ha fatto rimanere il Paese senza forze dell'ordine per tre giorni ed ha portato ad uno scontro armato di alcuni reparti della polizia con l'esercito. Nell'ottobre del 2003, la sommossa si è estesa ed ha avuto come epicentro la città altipianica di El Alto, cresciuta vertiginosamente negli ultimi anni, diventando la terza città della Bolivia. El Alto ha bloccato i rifornimenti alla capitale La Paz, l'esercito ha sparato sulla folla ed il bilancio è stato di una sessantina di morti. La situazione per Sanchez de Lozada si è fatta insostenibile dopo che il vicepresidente Carlos Mesa ha ritirato il suo appoggio al Governo. Goni è così fuggito negli USA.
Il vicepresidente, il giornalista Carlos Mesa, ha preso il suo posto ma, nonostante la sua abilità dialettica, il Paese ha continuato a vivere in perenne sommossa. Mesa ha convocato un referendum sulle risorse idrocarburifere che non accontenta le parti in conflitto. La sua ambiguità ha generato inquietudine nelle nuove aree economicamente centrali del Paese, soprattutto la regione attorno alla città di Santa Cruz de la Sierra. Per la prima volta l'oriente della Bolivia, i due terzi del territorio nazionale, più volte considerato subalterno alla zona andina, ha parlato di autonomia dal potere centrale e si è ipotizzato addirittura un movimento secessionista.
Un'iniziale alleanza con il partito del dirigente dei produttori di foglie di coca, e capo del principale partito di opposizione, Evo Morales, si è frantumato di fronte all'ambiguità del presidente, ai continui blocchi stradali ed alle richieste popolari di nuove elezioni e dell'istituzione di un'assemblea costituente. Mesa, dopo aver assicurato il ricorso a nuove elezioni, ha passato la presidenza della Repubblica per le questioni amministrative a Eduardo Rodriguez, presidente della Corte SupremaNelle elezioni convocate per dicembre del 2005, Morales, del Movimiento al Socialismo (MAS), ha vinto le elezioni con la maggioranza assoluta degli elettori. Nel gennaio del 2006, Morales si è insediato come presidente. Nonostante la vittoria ottenuta, a causa della legge elettorale boliviana, il MAS ha ottenuto la maggioranza alla Camera ma non al Senato.
Il 1° maggio 2006, Morales ha nazionalizzato, per la terza volta nella storia boliviana, gli idrocarburi, creando apprensione in Spagna e Brasile, principali compratori del gas boliviano e in Argentina, destinataria del gas della spagnola Repsol. Con questa riforma, lo Stato boliviano guadagnerà circa l'80% dei profitti dell'estrazione del petrolio. Nello stesso mese, il governo di Morales ha annunciato una nuova riforma agraria, con l'obiettivo ufficiale di redistribuire la terra ai contadini. Si tratta di una proposta controversa e che potrebbe creare conflitti tra i nuovi concessionari di terre, principalmente di origine altipianica, Quechua e Aymara (come Morales), e gli oltre 30 gruppi indigeni delle terre tropicali amazzoniche e del Chaco, dove sono ubicate le terre a distribuirsi. Inoltre, questa proposta potrebbe aggravare ulteriormente la distruzione di ecosistemi forestali e savane e porre in pericolo aree protette e parchi nazionali.
Il 2 luglio del 2006 si sono svolte le elezioni per l'Assemblea Costituente. Il partito di governo, il MAS, ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi (poco più del 50% dei voti e 137 assembleisti su 255 in totale, oltre ad alcuni eletti con altre sigle). Gli eletti all'assemblea si sono insediati nella città di Sucre il giorno della festa nazionale boliviana, il 6 agosto.
Nonostante il testo di convocazione alle urne per la costituente, ed accordi anteriori, menzionasse che l'approvazione degli articoli e del nuovo testo costituzionale dovesse essere approvato dai due terzi degli eletti (170), il partito di governo di Morales vuole ora imporre l'approvazione degli articoli e del nuovo testo della costituzionale per maggioranza semplice.
Anche a causa di questi problemi la nuova carta costituzionale non è stata approvata nei tempi previsti (6 agosto 2007). Un accordo tra governo e opposizione ha permesso un'estensione dei lavori dell'assemblea fino a dicembre 2007, ma i gravi contrasti interni di tipo economico, etnico e politico, il nuovo conflitto sul tema della capitale nazionale (il dipartimento di Chuquisaca vuole che Sucre ritorni ad essere capitale della Bolivia a tutti gli effetti generando una forte opposizione del maggioritario dipartimento di La Paz, grande serbatoio di voti per Morales) potrebbero non garantire una equitativa e democratica approvazione del nuovo testo costituzionaleSi distinguono due grandi aree geografiche:
le terre orientali tropicali, i due terzi del paese, divise tra bacino amazzonico e l'area del chaco. le Ande, un terzo del paese, nella parte occidentale, costituite sia dalla cordigliera come dall'altipiano Due terzi del territorio boliviano sono bassipiani tropicali, tributari del Rio delle Amazzoni e del Rio de la Plata. Questa enorme estensione di più di 700.000 km², è coperto da foreste tropicali pluviali, umide, monsoniche e secche.Inoltre, la Bolivia possiede la foresta tropicale secca più estesa al mondo nella regione del Chaco.Circa 250.000 km² sono savane alluvionali, pantani e savane secche. Esistono inoltre grandi laghi amazzonici, i più estesi della regione.
La zona andina del Paese è situata nella parte occidentale. È caratterizzata da un plateau delimitato da due catene montuose: la Cordillera Occidental prossima a quella Oriental.Sono numerose le cime superiori ai 6.000 metri, le più alte sono il Sajama (m. 6.542), l'Illampu (m. 6.421) e l'Illimani (m. 6.402).
Con l'eccezione del bacino endoreico costituito dal Desaguadero che collega il lago Titicaca al Lago Poopó, la gran parte del territorio è tributario del sistema idrografico del rio delle Amazzoni e, in misura minore, del rio della Plata. Il bacino idrografico più importante è quello del fiume Mamoré, che copre, con l'Iténez che segna il confine con il Brasile, circa 600 000 km². Riunendosi al nord della Bolivia con il Beni, forma il principale ramo d’origine del Madeira, che costituisce uno dei principali affluenti del Rio delle Amazzoni (10% della portata complessiva). Tutto il corso del Mamoré è navigabile, assieme a parte dell'Iténez, Beni, Madre de Dios e Ichilo. Nell’area meridionale il corso d’acqua più importante è il Pilcomayo il quale tributa, dopo un lungo corso, nel fiume Paraguay e quindi nel Rio della Plata.
Data la morfologia del territorio e l'ampio spazio latitudinale occupato, la Bolivia possiede una delle maggiori diversità climatiche della Terra, ciò che permette un'ampissimo spettro di specie coltivabili, sia tipiche di climi continentali e temperati, come la patata o l'avena, di climi mediterranei, come la vite e l'olivo, e climi tropicali, come il cacao e il banano.
Nell’altipiano andino propriamente detto le precipitazioni non superano i 500 mm annui nella fascia umida del settore nord e la temperatura media annua è inferiore ai 10ºC. Il settore meridionale è più secco e tendente alla formazione desertica.
Le terre tropicali dell'oriente boliviano hanno due climi principali. A nord del parallelo 18ºS, il clima è propriamente amazzonico, con breve stagione secca e temperatura variabili tra i 22 e 26ºC di media e precipitazioni tra i 1.000 e 3.000 mm/anno. Il settore a sud del parallelo 18ºS ha un clima più mite e secco, con temperature medie tra i 20 e 22ºC e precipitazioni tra i 500 e 1.000 mm/anno. In questo settore si hanno le maggiori escursioni termiche del tropico boliviano, con massime superiori ai 35ºC e minime anche inferiori allo 0ºC. Il settore più piovoso, e tra quelli con le maggiori precipitazioni del bacino amazzonico, è la fascia preandina, 180-700m slm, tra i dipartimenti di Santa Cruz, Cochabamba, Beni e La Paz. Le precipitazione vanno da 2.500 a 5.000 mm anno, ma in alcuni settori superano i 6.000mm annui.
Popolazione totale: 9.427.000
Densità: 8.5 per km²
Secondo l'ultimo censimento del 2001 dell'Istituto Nazionale di Statistica (INE), la popolazione indigena rappresenta circa il 49,95% della popolazione totale. Percentuale che arriva al 73,20% se consideriamo le sole zone rurali.
Secondo il CIA World Factbook 2006, la popolazione boliviana è costituita dai seguenti gruppi etnici: quechua 30%, aymara 25%, meticci 30%, europei 15%.
In realtà, in Bolivia esistono attorno a 40 gruppi etnici, la maggior parte ignorati da questi dati e abitanti originari principalmente nelle pianure tropicali della Bolivia orientale [1]. Inoltre il processo di meticciato è stato continuo dal tempo della conquista spagnola e per questo una chiara ed inequivocabile definizione etnica non può esser determinata facilmente. Anche l'attuale presidente Morales non potrebbe esser considerato esclusivamente di etnia aymara essendo imparentato con cholos, la definizione boliviana del meticcio tra quechua o aymara con europeo.
Il dato della CIA sembra più un'informazione linguistica riferita ai Quechua ed Aymara parlanti. Nonostante questo il riferimento linguistico non assegna automaticamente un'appartenenza etnica. In questo senso va menzionato come, dopo gli avvenimenti della rivoluzione nazionalista del 1952, il processo storico di integrazione che essa avviò portò anche alla rimozione dell’identità indigena, vista allora come un’eredità negativa della conquista e dello stato para feudale prerivoluzionario, facendo delle genti quechua e aymara un popolo contadino. Tuttora tutte le federazioni rurali quechua e aymara sono federazioni di contadini o coloni, dove non si menziona il termine indigeno. Solo recentemente il presidente Morales ha recuperato la nozione indigena anche per quechua e aymara, pur restando gli unici che si definivano e continuano a definire indigeni quelli delle terre orientali tropicali.
Infine, non va dimenticato come il Quechua fu mantenuto e fomentato in forma pianificata dagli Spagnoli come strumento di omogeneizzazione linguistica nelle terre andine per facilitarne quindi anche il dominio. Per questo vennero gradualmente rimosse le altre lingue andine (nelle Ande boliviane, oltre al Quechua ed Aymara, rimane solo un piccolo nucleo di lingua Uru). La diffusione del Quechua contò anche con l’intervento della chiesa che, col frate domenicano Domingo de Santo Tomás, produsse la prima grammatica di lingua quechua già verso la metà del XVI secolo. Anche per questi motivi, quindi, il dato dei parlanti quechua supererebbe quello degli appartenenti realmente all'etnia quechua, portando, talvolta, a sovrastime dei dati relativi alle etnie.
Nelle regioni orientali amazzoniche e del Chaco della Bolivia vivono circa 500mila indigeni, in cui è certamente maggior la perdita delle conoscenze linguistiche ancestrali ma non del concetto di appartenenza etnica, che ha avuto nella marcia per il territorio e la dignità del 1990 [2] [3] un'affermazione chiara e cosciente dei popoli indigeni boliviani delle pianure tropicali [4].
Le popolazioni indigene del tropico amazzonico e del chaco boliviano appartengono principalmente ai gruppi:
Tupi Guaranì: guaranì, izoceño, sirionò, guarayo, yuqui, ecc. Arawak: mojeños, baures, trinitarios, ecc. Tacana: cavineños, ese ejja, araona, tacana Mosetén: chimanes, mosetenes Zamuco: ayoreo Pano: chacobo, yaminahua, pacahuara Chapacura: morè Importanti anche altri gruppi etnici non appartenenti a famiglie linguistiche specifiche: chiquitos, yuracaré, cayubaba, movima, ecc.
Queste popolazioni delle terre tropicali della Bolivia rappresentano più del 5% della popolazione totale boliviana.
In Bolivia gli abitanti nati nelle regioni orientali tropicali (2/3 del paese), siano essi di origine europea, meticci o indigeni, vengono colloquialmente chiamati camba. Parimenti gli abitanti delle regioni andine, vengono definiti, anche se spesso in forma dispregiativa, collaNegli ultimi anni la Bolivia è divenuta una terra di emigranti. Inizialmente le mete principali dell'emigrazione boliviana erano i paesi vicini, principalmente Argentina (dove si creda vivano due milioni di boliviani, tra immigrati e discendenti) e Brasile, dove essa ha assunto caratteri illegali ed ha provocato tendenze xenofobe. Dalla crisi economica della fine degli anni '90, e con il progressivo estremo restringimento all'emigrazione negli Stati Uniti, la migrazione boliviana ha assunto caratteri di esodo massiccio verso l'Europa, Spagna e Italia principalmente, fino ad obbligare l'Unione Europea all'istituzione del visto d'entrata per i cittadini boliviani, al quale erano esenti (a differenze per esempio dei cittadini colombiani e peruviani) fino all'aprile del 2007. Attualmente in Spagna la comunità di boliviani supera ampiamente le 300 mila persone, delle quali solo 63mila sono residenti legali.
L'articolo terzo della Costituzione boliviana riconosce e sostiene la libertà di culto.
La maggior parte della popolazione è cattolica (75%) ma sono in forte crescita culti genericamente definiti protestanti e movimenti cristiani detti sette, molto popolari nei quartieri periferici delle città. Si stanno riproponendo con forza anche gruppi che fanno riferimento a rituali religiosi ancestrali preispanici.
Molte scuole ed università sono di proprietà di gruppi religiosi di vario orientamento, cattolici, Bahai, la setta Moon coreana, ecc.
La chiesa cattolica ha in Bolivia 4 arcidiocesi, sette diocesi, due prelature e cinque vicariati apostolici.
Tra i più importanti avvenimenti religiosi degli ultimi decenni, si possono menzionare la vista di Giovanni Paolo II, nel 1988, e la nomina a cardinale, il primo boliviano, di monsignor Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz.
Il sistema sanitario pubblico è altamente carente, sia in mezzi come nelle risorse umane. Gli aventi diritto a questo sistema devono comunque, nella maggior parte dei casi, pagare tutte le medicine anche durante il ricovero ospedaliero. Non esistono medici curanti convenzionati e le visite vengono effettuale solo all'interno delle strutture sanitarie pubbliche.
Durante il secondo governo di Sanchez de Lozada venne introdotta l'assicurazione pubblica materna-infantile, destinata a garantire le cure a tutte le donne in periodo di gestazione e per gli infanti fino ai due anni.
Prodotto Nazionale Lordo: 970$ pro capite (91° posto della classifica mondiale).Bilancia dei pagamenti: -715 milioni di $.Inflazione: 4,7%.Disoccupazione: 10,00%. Questo dato è puramente indicativo giacché in Bolivia il commercio e le attività definite informali, completamente al di fuori anche del debolissimo sistema impositivo boliviano, sono difficilmente quantificabili.
Maiali liberi per le strade di MonteroSecondo i dati della tradizionale statistica mondiale, la Bolivia ha uno dei redditi pro-capite tra i più bassi del continente. Questo dato contrasta con la grande ricchezza di risorse naturali e la scarsa densità della popolazione, che potrebbe far pensare ad una maggior disponibilità economica per gli abitanti. Le ragioni sono evidentemente da individuarsi nell'arretratezza del sistema produttivo e sociale.
Punti di forza: Abbondanza di risorse naturali (minerali, petrolio, gas, foreste, terra, acqua, ecc). Bassa densità della popolazione. Punti di debolezza: Corruzione. Mercato delle materie prime vulnerabile alla fluttuazione dei prezzi. Economia informale. Contrabbando. Struttura educativa inadeguata.
Produzione di energia elettrica: 805.000 kW.Pesca: 6.300 tonnellate l'anno.Petrolio: 20.631 b/g.Allevamento: pecore 8,4 milioni, capre 1,5 milioni, bovini 6,4 milioni, suini 2,6 milioni.Minerali: stagno, gas naturale, petrolio, zinco, oro, antimonio, tungsteno, argento, piombo.
Le attività industriali sono incipienti e Bolivia continua ad essere un importatore netto di prodotti finiti, molti dei quali entrano nel paese di contrabbando. Nonostante le difficoltà strutturali della Bolivia, con una scadente rete stradale e ferroviaria, in questi ultimi anni, dato anche il basso costo della manodopera e le irrilevanti garanzie sociali per i lavoratori, sono aumentate notevolmente le attività manifatturiere. Nella città di El Alto si sono sviluppate le industrie tessili e di altre manifatture principalmente destinate all'esportazione. La città di Santa Cruz de la Sierra ha una fiorente industria alimentare, tessile e di materiali per la costruzione. Una delle più importanti attività industrali nazionali è la produzione della birra. Due le raffinerie di petrolio, a Santa Cruz de la Sierra e Cochabamba. Numerosi i cementifici. Negli ultimi anni hanno acquistato peso la trasformazione di materie prime di origine forestale per l'esportazione, come il legno pregiato (mogano e cedro principalmente) e la noce del Brasile.
Il parco automotore della Bolivia è aumentato notevolmente negli ultimi 10 anni. Si è avuto un fenomeno che potrebbe definirsi, in analogia con quello avvenuto in Italia negli anni '60, di motorizzazione del paese. Parte di questo fenomeno si deve all'aumento notevole delle strade asfaltate, grazie a crediti principalmente internazionali, e al contrabbando di veicoli usati di origine giapponese (trasformati artiginalmente per essere adeguati alla guida a destra), che hanno fatto abassare i prezzi delle autovetture in precedenza notevolmente alti a causa dei dazi imposti all'importazione legale. Attualmente il parco vetture del paese e di circa mezzo milione di veicoli.
Rete stradale: 41.642 km.Rete autostradale: non esiste una vera rete autostradale. Nonostante questo tutte le strade della Bolivia, siano esse asfaltate o di terra, sono sottoposte a pedaggio.Rete ferroviaria: 3.701 km. La rete ferroviaria è divisa in due tronconi non collegati. Quello occidentale andino è stato creato soprattutto attorno ai centri minerari ed è ora in parte in disuso. Quello orientale, nel tropico, construito attorno agli anni '50, ha due sole direzioni, una diretta all'Argentina e l'altra al Brasile. Vi è tuttora in queste linee un notevole traffico di merci e persone.Rete navigabile: 10.000 km. Oltre al lago Titicaca, dove la navigazione è oggi principalmente turistica o di piccolissimo cabotaggio, tutti i principali fiumi navigabili del bacino amazzonico sono percorsi da imbarcazioni di trasporto di vario tonellaggio. I più importanti porti fluviali sono: Puerto Villarroel, Trinidad e Guayaramerin.Aeroporti internazionali: El Alto di La Paz, Viru Viru di Santa Cruz de la Sierra.
L'agricoltura ha subito notevoli trasformazioni negli ultimi decenni, principalmente dopo la riforma agraria del 1953. Da un'attività quasi esclusivamente di sussistenza, si è trasformata in uno dei motori economici più importanti del paese. Le attività agricole si sono sviluppate soprattutto nelle terre orientali tropicali. In queste regioni parte delle foreste originarie sono state rimosse per far spazio alle coltivazioni.
Attualmente Bolivia è uno dei principali esportatori mondiali di soya, molta della quale di origine transgenica. Esporta inoltre sorgo, zucchero, cotone, girasole, sesamo ed altre oleaginose. La maggior parte di questi prodotti verranno poi destinati dagli importatori per l'alimentazione animale.
Alcuni camion che trasportano canna da zuccheroNelle aree tropicali si coltiva anche il riso, la coca, la manioca, il mais, il banano (e la sua variante ricca in amidi, commestibile dopo cottura, nota come platano) e moltissimi altri prodotti.
Dalle foreste si estraggono il caucciù e la noce del Brasile, di cui la Bolivia è, nonostante il nome, il principale esportatore mondiale.
Nelle aree andine l'agricoltura è principalmente di sussistenza e/o destinata al commercio interno: vi si coltivano ortaggi, patate, un tubero chiamato oca, mais, orzo, grano e la quinoa.
L'allevamento più diffuso è quello dei bovini, sia nelle estese savane tropicali, come nei pascoli andini. Numerosi anche gli ovini, caprini e suini. Molto importante l'allevamento di volatili (polli) che vengono anche esportati ad alcuni paesi limitrofi. L'allevamento dei camelidi, come il lama e la vigogna, è frequente in isolate aree andine. L'itticoltura viene praticata principalmente nell'area del lago Titicaca, con specie introdotte, come le trote. In fase di sperimentazione l'allevamento nelle aree tropicali di un grosso pesce frugivoro della famiglia dei serrasalmidea (la stessa del piraña), localmente noto come pacù.
L'attività umana ha avuto e continua ad avere un grosso impatto sugli ecosistemi naturali della Bolivia. In epoca storica gli isolati boschi delle Ande, composti principalmente da una specie sempreverde del genere Polylepis (localmenmte nota come queñua) vennero quasi totalmente distrutti per usi civili (legna e costruzione).
Nelle aree tropicali gli ambienti naturali si erano conservati quasi intatti fino alla metà del XX secolo. Gli effetti sugli ecosistemi dell'alta densità della popolazione durante lo sviluppo delle cultura idraulica de las Lomas sono solo ipotizzabili dato che le modifiche macroclimatiche del XIII secolo decimarono quelle popolazioni obbligandole al semi-nomadismo. Durante l'auge dello sfruttamento della gomma, nelle foreste del nord della Bolivia, negli attuali dipartimenti di Beni e Pando, tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo, si ebbero localmente effetti negativi sulla fauna che però si ristabilì una volta cessato il boom economico dell'estrazione.
Bolivia è nota come un paese megabiodiverso. Pur restando ancora notevoli margini di ricerca, attualmente in Bolivia sono state classificate circa 25 mila specie di piante, 1.400 di uccelli, 550 di pesci, 325 di mammiferi, 260 di rettili e quasi 200 di anfibi.
Questa enorme divesità biologica è però in alcuni casi, come per altri paesi del bacino amazzonico, fortemente minacciata. Gli ecosistemi naturali maggiormente minacciati sono quelli delle foreste tropicali, che hanno subito una notevole riduzione sia in termini di estensione come di valore biologico.
Si può stimare che annualmente vengono distrutti ben 700.000 ettari di foreste. Questo dato è stato in costante crescita negli ultimi 20 anni e in forte aumento negli ultimi 5 anni. Le ragioni princiali di questa minaccia sono concomitanti fenomeni: espansione della frontiera agricola, agroindustria, imprese del legname, caccia sportiva e di sussistenza.
Si tratta di un fenomeno che interessa Bolivia principalmente dalla metà degli anni ’50, con la rivoluzione nazionalista del 1952 e la successiva riforma agraria del 1953. Per accontentare la richiesta di terre il governo avviò un piano di colonizzazione per i contadini quechua e aymara verso le aree dei bassipiani orientali tropicali: si chiamò questo processo la "marcia verso l'oriente". Uno dei principi di questo fenomeno era che si trattasse di terre inabitate. Quelle terre invece, per quanto non sottomesse ad attività umane intensive, erano abitate da numerosi popoli indigeni. Si ebbe così un fenomeno, poco studiato, di una popolazione indigena maggioritaria, quella andina quechua e aymara, che invade i territori e marginalizza gradualmente i popoli indigeni minoritari amazzonici e del chaco. Questo processo è tuttora in evoluzione e la colonizzazione agricola del tropico interessa ora tutte le regioni orientali ove si insediano, od occupano terre, contadini provenienti dalla realtà geografica andina con scarse o nulle conoscenza dell'ambiente tropicale e dei suoi metodi agricoli. Tal fenomeno si può constatare osservando come i terreni dei coloni andini siano spesso, per varie ragioni (maggior interrelazione col mercato, mobilità stagionale, interessi vari e non unicamente agricoli), una tabula rasa della passata foresta, mentre le popolazioni locali, originarie o meticce, conservano nei loro terreni ampi spazi naturali e, attorno alle case, un vero orto botanico in cui possono incontrarsi più di 50 specie vegetali di varia utilità (alimentare, costruzione, medicinale, tessile, cosmetica, rituale, ecc.). Poco noto è anche il fenomeno dell'impatto ambientale della coltivazione della coca. Oltre all'inquinamento di fiumi e ruscelli - per l’uso di sostanze chimiche nel primo processo di trasformazione delle foglie di coca in pasta base di cocaina, processo che si svolge quasi esclusivamente nei luoghi di produzione delle foglie - le coltivazioni di coca hanno portato alla distruzione di grandi settori delle foresta pluviale del piedimonte andino, una delle foreste a maggiore biodiversità della Terra, inclusa quella del Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Secure e del Parco Nazionale Carrasco.
Anche in questo caso si tratta di un fenomeno recente che ha avuto forte crescita prima negli anni '70 e quindi, in forma decisiva, dagli anni ‘80 del secolo scorso, con l'espansione costante della coltivazione della soia, espansione appoggiata anche da un grosso programma della Banca Mondiale.
Le coltivazioni di soia (che allo stato attuale rappresenta il principale cash crop), ed in periodi successivi, anche di sorgo, girasole e sesamo, hanno portato alla rapida distruzione delle foreste all'est e al nord della città di Santa Cruz de la Sierra. Negli ultimi anni anche l'incremento delle coltivazioni di riso verso il dipartimento del Beni hanno accresciuto ulteriormente il processo di deforestazione.
Le attività agroindustriali, pur teoricamente vigilate e normate dalle leggi nazionali, sono in realtà esenti da controllo, sia nel processo di rimozione degli ambienti naturali, come nell’occupazione dei territori dei popoli originari, nell’uso di pesticidi (glifosato) e di semi di provenienza transgenica. Data l’importanza che ha gradualmente acquisito nelle esportazioni boliviane, il settore agroindustriale viene considerato quasi intoccabile ed esente dalle applicazioni delle normative nazionali. Nonostante questo, le attività agroindustriali - controllate non solo da grandi gruppi locali ma che hanno gradualmente inglobato anche settori di ex coloni di origine andina, imprese brasiliane ed emigranti di origine russa e il gruppo dei mennoniti - contrariamente da quanto propagandato, generano scarsi benefici al paese, con pochi e precari posti di lavoro, vaste aree sottoposte ad erosione e un possibile cambio climatico locale con un futuro forte impatto negativo. Inoltre, approfittando degli accordi doganali di cui gode, Bolivia importa soia (transgenica) anche dal Brasile e Paraguay per riesportarla a paesi terzi.
Va menzionato che la soia della Bolivia, già in buona parte transgenica, viene importata in Europa in grandi quantità a tasso doganale di preferenze attraverso il patto andino. Questa soia finisce nelle tavole degli europei in forma di carne ottenuta da animali alimentati con mangimi in cui essa rappresenta una fondamentale percentuale.
Di una superficie di foreste stimata in 500mila km², la Bolivia può contare attualmente su un’estensione di circa 400mila km² di cui solo forse meno della metà ancora non sottoposta in epoca recente a sfruttamento forestale. Questo dato viene corroborato dalla scomparsa commerciale in Bolivia del mogano (Swietenia macrophylla), localmente noto come mara, dopo che per un paio di decenni era stata tra il primo e il secondo esportatore mondiale di questa pregiata specie. Lo sfruttamento forestale in Bolivia è recente come l’agroindustria e, come questa, ha acquisito grande importanza dagli anni ’80. Con la legge forestale in vigore fino al 1996, un’estensione pari quasi alle dimensioni della penisola italiana, era dato in concessione semi-gratuita a circa un centinaio di impresa forestali nazionali. Il governo di Sanchez de Lozada approvò nel 1996 la nuova legge forestale, considerata tra le più avanzate del continente che, con l’istituzione della sovrintendenza forestale, finalmente poteva contare su un organo normativo e di controllo efficiente e quasi esente da corruzione (forse unico caso in Bolivia per una ripartizione dello stato). Alla nuova legge forestale si deve l’istituzione di un sistema impositivo sulle concessioni forestali, che ridusse notevolmente le dimensioni di queste, l’obbligatorietà di formulare un piano di gestione forestale per le concessioni che fosse approvato tecnicamente da esperti esterni ed interni della sovrintendenza, l’apertura alla partecipazione legale dello sfruttamento sostenibile delle foreste per le popolazioni indigene e i municipi rurali, ecc. Nonostante la realizzazione di un reale cambio di comportamento delle imprese del legname, l’incentivo per un maggior livello di trasformazione tecnologica del legno, l’inclusione di nuove specie che hanno sostituito il monosfruttamento di mogano e cedro (Cedrela sp.) e il rafforzamento di settori forestali non dedicati al legname, come quello della noce del Brasile, negli ultimi anni la grande concentrazione dell’opinione pubblica nel tema idrocarburi, ha relegato in un secondo piano l’interesse per la conservazione e giusto uso delle risorse forestali boliviane. Anche in nuovo governo di Morales non sembra interessato a questo tema: quando si parla di risorse naturali si menzionano solo petrolio e gas o, ultimamente, terra. Non esiste nel nuovo governo del MAS un piano per la continuazione di una politica di uso uso sostenibile delle risorse naturali potenzialmente rinnovabili come le foreste. Tutto ciò ha di fatto riportato indietro la Bolivia di molti anni: i controlli e la rigorosità della sovrintendenza nel monitorare le imprese del legname stanno venendo meno e sembra che la Bolivia potrebbe riavviarsi all’epoca dello sconsiderato sfruttamento delle foresteLa Paz (il cui nome completo è Nuestra Señora de La Paz) è la capitale amministrativa della Bolivia e capoluogo dell'omonimo dipartimento. Nel censimento 2001, contava quasi 800.000 abitanti. Si trova ad un'altitudine media di circa 3.600 metri sul livello del mare ed è la capitale più alta del mondo. Assieme alla città satellite di El Alto (circa 4.000 metri sul livello del mare, con circa 700.000 abitanti) costituisce il nucleo abitativo più popolato della Bolivia.
Fondata dal capitano spagnolo Alonso de Mendoza il 20 ottobre del 1548, dove sorge ora il villaggio di Laja. Dopo poco, a causa del vento gelido che batteva la zona, venne trasferita nel suo luogo attuale, ovvero dove sorgeva il villaggio di Chiquiago, abitato da minatori aymara, nella valle del Chiquiago Marka (o Río Choqueyapu).
Il suo nome completo è Nuestra Señora de La Paz e commemora la pace dopo la guerra civile che seguì l'insurrezione di Gonzalo Pizarro, fratello del conquistador Francisco Pizarro, contro Blasco Núñez de Vela, primo Viceré del Perù. Si sviluppò come centro politico ed economico. La sua importanza era dovuta anche alla sua posizione strategica: congiungeva l'Alto Perù, dove era situata, al Basso Perù; inoltre era sulla strada percorsa per trasportare l'argento delle miniere di Potosì al porto di Lima; era anche sita all'imbocco della Via degli Yungas utilizzata per l'approvvigionamento di prodotti agricoli e di foglie di coca.
Nel 1825, la città divenne il luogo della decisiva vittoria dei patrioti Boliviani nella battaglia di Ayacucho sull'esercito spagnolo. Cambiò quindi nome con La Paz de Ayacucho. Nel 1898, La Paz divenne la sede del Governo Nazionale, lasciando alla città di Sucre il potere giudiziario e il nominale appellativo di capitale costituzionale che conserva a tutt'oggi. Questo cambio di capitale riflesse il cambio dell'economia boliviana, lasciando che la miniera del Cerro Rico di Potosì si estinguesse e si aprisse il passo allo sfruttamento dello stagno nei pressi della città di Oruro.
Nel XX secolo l'aumento della popolazione portò ad un incremento dello sviluppo urbano. In particolare, a partire degli anni '70, l'esplosione dell'edilizia ha trasformato la fisionomia della città trasformando chiese, conventi e anche edifici di età precolombiana in moderni palazzi e grattacieli.
Si adagia sulla fenditura (hoyada) del Rìo Choqueyapu, sotto la città di El Alto che costituisce la parte superiore di questo gigantesco imbuto naturale.
La via principale di La Paz percorre la valle del Rìo Choqueyapu per gran parte interrato. Questa lunga strada man mano che scende cambia più volte nome: Avenida Ismael Montes, Avenida Mariscal Santa Cruz, Avenida 16 de Julio (chiamata anche El Prado) e Avenida Villazon. La parte più ricca della città è la parte più bassa, mentre la parte più popolare e povera è quella che confina con El Alto, fino a superare i 4.000 m. sul livello del mare. L'orizzonte è dominato da meravigliose montagne, tra le quali spiccano le cime dell'Illimani (m. 6439), chiamato dagli indigeni Abuelo de poncho blanco (nonno dal poncho bianco).
La Paz non è famosa per opere d'arte di particolare rilievo, ma è una città piena di vita. Particolari punti di aggregazione sono i numerosi mercati. Dal punto di vista storico e artistico sono presenti musei ed edifici coloniali.
Il centro della città si trova a quota 3.600 m. All'incirca si tratta della zona che si estende a sud di Calle Sucre fino ad arrivare all'altezza di Plaza del Estudiante, che costituisce il tratto più a sud di El Prado. Molti edifici storici presenti particolarmente in questa zona della città sono stati distrutti. Tuttavia rimangono ancora numerose tracce architettoniche di quel periodo. Probabilmente la parte coloniale meglio conservata è quella dei dintorni di Calle Jaén. Il Palacio Legislativo e il Palacio Presidencial si affacciano su Plaza Murillo, dove è sita anche la Cattedrale.
Procedendo ancora verso sud, incontriamo la Zona Sopocachi, che negli anni '70 era considerata la parte elegante della città. Ora è la parte commerciale di La Paz ed è dominata da alcuni alti edifici e grattacieli. Nei pressi di questa zona, non lontani dal centro, troviamo quella grande area verde in espansione e ristrutturazione dal 2004, chiamata Parque Urbano Central. Quest'ultima comprende il Parque Laikakota e il Kusillo, museo per bambini collegato al parco precedente con teleferica e pista ciclabile.
La parte sud (sur in spagnolo) della città si trova a circa 500 m. più in basso del centro. È costituita dai quartieri residenziali più ricchi ed esclusivi (tra i quali Obrajes, Calacoto, La Florida, San Miguel, Cotacota, Achumani). Questa zona è molto diversa dal resto della città, sia per la differenza della classe sociale di appartenenza dei suoi abitanti, prevalentemente alta, che per il tipo di costruzioni. L'area è infatti costituita in gran parte da palazzine, villette e anche eleganti ville di grandi dimensioni. L'area commerciale più elegante della città è sita in questa zona, precisamente in Calle 21 tra San Miguel e Calacoto. In questa zona si estendendono anche alcuni parchi e aree verdi piuttosto grandi, ad esempio il Parque de La Florida, sito nell'omonimo quartiere e l'area nei pressi dello zoo, poco distante dalla Valle de la Luna. Il 14 luglio 2006 è stata, inoltre, inaugurata la Costanerita, una nuova via di comunicazione sita a Obrajes, circondata da aree verdi e comprendente un parco per bambini.
La parte nord (norte) della città degrada dalla vicina El Alto verso il centro della città. È costituita dai barríos più poveri. Ciononostante è sita in una posizione estremamente strategica: assieme all'autopista (autostrada), costituisce l'unico collegamento stradale con l'aeroporto internazionale, la ferrovia e la strada principale che collega la capitale con le altre principali città della Bolivia. Storicamente, ma anche ai giorni nostri, quando gli abitanti della zona (pricipalmente di etnia aymara) decidono di indire una protesta (come è stato nel 2003 e nel 2005), chiudono l'accesso alla zona norte e all'autostrada per El Alto e paralizzano di fatto la città, impedendo anche ai ricchi abitanti dei sobborghi a sud di muoversi e di approvigionarsi. A partire dal 2003, le zone di periferia in passato più degradate, sono state oggetto di un lavoro di pavimentazione del manto stradale diminuendo i tempi per raggiungere il centro storico e iniziando a riqualificare l'area.
Il clima è quello tipico dell'alta montagna con inverni secchi e freddi con nevicate occasionali e estati fresche. La temperatura media annuale è attorno ai 14ºC. I venti, per lo più moderati, sono presenti soprattutto in inverno. Le precipitazioni medie annuali sono attorno ai 600 mm. Le piogge si concentrano in maniera stagionale durante l'estate australe (da novembre a marzo).